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March 24, 2015 Newsletter

Se cercate un degno sostituto al latte vaccino che non contenga né lattosio glutine, vi consiglio di provare il latte di miglio, un’ottima soluzione per garantire al vostro organismo un apporto di proprietà nutritive paragonabili a quelle del latte vaccino senza, però, incorrere nel rischio di reazioni allergiche. Non solo, consumatelo con serenità anche se avete problemi di colesterolo e di diabete.

Un vantaggio comune a tutto il latte di origine vegetale è l’assenza di colesterolo, e il latte di miglio non è da meno. Un ottimo alleato, quindi, per chi lotta contro il colesterolo alto, grazie anche alla grande quantità di lecitina e di colina contenuto.

Proprietà, invece, unica, che condivide solo con il latte di avena, è la capacità di controllare il diabete. Secondo alcuni studi il latte di miglio contiene un particolare enzima in grado di aiutare il nostro corpo a eliminare i grassi. È, infatti, risaputo che legumi e cereali, essendo carboidrati complessi, hanno un ruolo importante nella cura e nella prevenzione del diabete.

Dunque, il latte di miglio è indicato per le persone che soffrono di celiachia, intolleranza al lattosio, diabete e colesterolo alto e non è consigliato a chi ha problemi con l’intolleranza al nichel.

Dovrebbero però tenerlo in considerazione e aggiungerlo o sostituirlo, anche per brevi periodi, anche chi non soffre di nessun di questi disturbi. Il latte di miglio ha, infatti, diverse qualità nutrizionali. Ad esempio, è ricco di vitamine del gruppo B, soprattutto la B6, ed anche sali minerali come zinco, magnesio, potassio, calcio e ferro.

Il miglio è un cereale alcalinizzante. Ciò significa che consumandolo, anche sottoforma di latte, assorbiamo le tossine acide che si accumulano con una dieta sbilanciata, troppo ricca di alimenti acidificanti, come uova, carne, alimenti raffinati o fermentati. Il consumo di latte di miglio, insomma, aiuterebbe il nostro organismo a ristabilire il livello ottimale di PH.

Questa sua caratteristica andrebbe a beneficio del buon funzionamento di milza, stomaco e pancreas e, sicuramente, aiuterebbe tutti quelli che soffrono di acidosi. Inoltre, è facilmente digeribile e non irrita l’intestino, può essere, dunque, ben tollerato anche per chi soffre di colite o ulcere; per i quali l’assunzione di latte di mucca, certo, non giova.

Il latte di miglio non è molto diffuso, lo troverete sicuramente nelle farmacie e nei negozi specializzati. Il suo sapore naturalmente dolce lo rende perfetto per essere consumato a colazione, magari col caffè, oppure per la preparazione di deliziosi dolci senza glutine.

 



January 20, 2015 Newsletter

La comune FARINA 00 che si trova nei supermercati si ottiene attraverso la macinazione industriale del chicco di grano. Tale processo prevede l’eliminazione del germe di grano e della crusca, per consentire una maggiore conservazione del prodotto a discapito di importanti sostanze

nutritive come aminoacidi, acidi grassi, sali minerali e vitamine, che vengono persi durante il procedimento. Il prodotto che si ottiene è quindi ricco quasi esclusivamente di AMIDI, polisaccaridi responsabili dell’innalzamento repentino della quantità di zucchero nel sangue (picco glicemico), il quale richiama l’intervento di un ormone, l’INSULINA.

Tale ormone ha capacità anabolizzanti ed è quindi in grado di AUMENTARE LA QUANTITÀ DI DEPOSITI ADIPOSI ALL’INTERNO DELL’ORGANISMO e INNESCARE FENOMENI DI RESISTENZA INSULINICA

che, se esasperati, possono portare all’insorgenza del DIABETE DI TIPO II.

Discorso analogo può essere fatto per la FARINA DI RISO: pur essendo

priva di glutine, è tuttavia ricchissima di amidi e povera di proteine e quindi responsabile di un repentino innalzamento della quantità di zuccheri nel sangue con conseguente RILASCIO DI INSULINA e dei problemi ad essa connessi. Fortunatamente, negli ultimi anni molte aziende hanno cominciato a produrre farine maggiormente ricche in fibre o provenienti da cereali diversi dal grano, dando inizio al filone delle cosiddette “FARINE ALTERNATIVE”. Tra queste abbiamo:

  1. FARINA INTEGRALE DI FRUMENTO: conserva integralmente la crusca ed è per questo molto più ricca di fibre, fattore che contribuisce ad abbassare il picco glicemico.
  2. FARINA DI MANITOBA: è una farina di grano tenero molto ricca in proteine e con pochi Contiene anche la glutenina e la gliadina che, a contatto con l’acqua, formano il glutine.
  3. FARINA DI FARRO INTEGRALE: è prodotta della macinazione del farro, il più antico tipo  di frumento E’ una farina molto ricca di vitamine (A, B2 e B3) e di sali minerali (fosforo, potassio e magnesio). E’ adatta per la realizzazione di dolci, pasta e pane.
  4. FARINA DI SEGALE: è ricca di proteine e sali minerali; ha proprietà fluidificanti del sangue, rafforza e mantiene elastiche le arterie prevenendo l’aterosclerosi e, grazie al basso picco glicemico, è ideale anche nelle diete per diabetici. E’ adatta per la preparazione di pane e di alcuni tipi di dolci.
  5. FARINA DI AVENA INTEGRALE: è una farina ricca di fibre e con un migliore potere saziante rispetto alla farina di Grazie alla presenza di vitamine, minerali e altre sostanze nutritive si rivela un ottimo alimento energizzante ed’è inoltre in grado di rallentare l’assimilazione del glucosio e di abbassare il livello di colesterolo cattivo (LDL).

Accanto alle farine alternative con basso INDICE GLICEMICO, abbiamo anche quelle consigliate per chi soffre di CELIACHIA o di SENSIBILITÀ AL GLUTINE perché prive di tale proteina. Tra queste abbiamo:

  • FARINA DI CECI: ricca di minerali (calcio, fosforo, ferro), di proteine e vitamine (C, B). Si ricava dalla macinazione dei ceci essiccati e ne conserva tutte le proprietà. Grazie alle saponine presenti, inoltre, tale farina è molto utile per diminuire i livelli di colesterolo e trigliceridi nel Molto versatile in cucina, può essere utilizzata per dolci, pasta, gnocchi e panature.
  • FARINA DI MAIS: viene soprattutto utilizzata per la preparazione della polenta e di dolci caratteristici, mentre non è adatta per la panificazione, a meno di mischiarla con altri tipi di farine.
  • FARINA DI CASTAGNE: nota anche con il nome di farina dolce, essa è costituita da castagne precedentemente essiccate e infine E’ ricca di carboidrati e sali minerali e povera di grassi. Ideale per le più svariate preparazioni sia dolci (castagnaccio, torte, biscotti, frittelle) che salate (pasta, gnocchi, crepes).
  • FARINA DI QUINOA: viene ottenuta a partire dalla macinazione dei chicchi di questo pseudocereale di origine Si tratta di una pianta erbacea della famiglia delle Chenopodiaceae (la stessa famiglia degli spinaci o della barbabietola); si differenzia inoltre dai cereali per via del suo contenuto di lisina e per una maggiore ricchezza di amminoacidi. E’ ricca di sali minerali come calcio, ferro e potassio.
  • FARINA DI GRANO SARACENO: viene ottenuta dalla macinazione di una pianta erbacea della famiglia delle Polygonaceae (è quindi in realtà uno pseudo-cereale). E’ una farina ricca di amminoacidi essenziali e con un alto valore biologico: le sue proteine sono infatti paragonabili a quelle della carne e della soia
  • FARINA DI MANDORLE: è una farina con un buon contenuto di acidi grassi insaturi, proteine, zuccheri, vitamine (E, B) e sali minerali. Molto sfruttata nella preparazione di dolci, la farina di mandorla ha un elevato potere calorico e grazie ad un enzima, l’emulsina,che facilita la digestione dei glucidi.
  • FARINA DI SOIA: ottenuta dalla macinazione dei semi di questo legume, la farina di soia contiene proteine ad alto valore biologico, sali minerali, vitamine e acidi grassi essenziali come omega 3 e omega 6. Può essere utilizzato dai vegani come sostitutivo delle proteine della carne e delle uova.
  • FARINA DI CANAPA: una delle ultime novità sul fronte delle farine alternative, si ottiene dalla pressatura dei semi di questa Possiede proteine ad alto valore biologico, come quelle della soia, acidi grassi essenziali omega 3 e omega 6 e fibre.


January 8, 2015 Newsletter

Continua l’avventura di Alcat Test e i suoi confini, ormai non più solo puramente geografici, si allargano. Infatti decisi a percorrere la strada già battuta dell’importante rapporto tra Sport e Salute, Imbio e i professionisti gravitanti nella sua orbita sbarcano a Varese per un nuovo appuntamento stavolta con il mondo del calcio.

Ad ospitarci l’associazione calcistica cittadina A.S. Varese 1910, come noi interessata al benessere in corpore e non solo, con i suoi componenti pronti a prendersi cura di se stessi grazie ad Alcat il Test per le intolleranze alimentari, problematiche responsabili di numerosi disturbi capaci di influenzare negativamente la performance sportiva. I sintomi di un’intolleranza alimentare sono diversi, a volte, non si rendono neppure manifesti, generando un accumulo di infiammazione. In molti sportivi problemi di natura muscolare, articolare, stanchezza cronica, difficoltà di recupero post gara sono solo alcuni dei sintomi riconducibili ad intolleranze.

Trattasi quindi di tema di assoluto interesse per l’atleta, per chi lavora con esso e se ne prende cura. Il protocollo d’intesa tra Alcat Test e il Varese Calcio si propone di mettere in evidenza l’importante ruolo svolto dall’alimentazione in ambito sportivo, da cui dipende lo sviluppo di stress ossidativo e di conseguenza dei radicali liberi incidenti sull’abbassamento delle difese immunitarie e sull’aumento della capacità d’infortunio, argomento alquanto spinoso per chi dello sport ne ha fatto un mestiere e non solo.

La soluzione a riguardo, è dettata dal Test Alcat e dalla conseguente applicazione di una dieta di rotazione, tendente a riportare l’infiammazione ad un livello di controllo. Chi pratica sport di squadra a livello professionistico tende ad avere un’alimentazione standard e non personalizzata, con menù per lo più ricchi di carne, pesce, pasta, verdure, zuccheri e se l’atleta fosse intollerante al glutine piuttosto che agli zuccheri? Motivo per cui sottoporsi ad Alcat Test è di rilevante importanza, salvaguardare la propria salute, alimentandosi correttamente e praticando sport…Sport e Salute connubio perfetto.

 



January 8, 2015 Newsletter

Arrivano le feste natalizie e la sana alimentazione passa in secondo piano: cenoni e abbuffate diventano il tema principale per due settimane. Un’alimentazione ricca di zuccheri e grassi rischia di rovinare quello che di buono è stato raggiunto con sacrifici dopo le vacanze estive.

A questo punto diventa fondamentale rimettersi in carreggiata, cambiando lo stile alimentare e magari facendo un po’ di movimento in più. Innanzitutto è importante drenare e basificare: gli eccessi delle feste rendono l’organismo incline ad intossicarsi e soprattutto ad acidificarsi.

Ed è a questo punto che scendono in campo frutta e verdura, ricche di antiossidanti, vitamine e sali minerali, essenziali per depurare l’organismo e permettere al corpo di smaltire le tossine accumulate. Si parla di 5 porzioni al giorno tra frutta e verdura, quantità neppure minimamente sfiorate durante le festività. Possono tornare utili nei periodi post abbuffate anche le tisane, per esempio al finocchio o al tarassaco, per drenare le scorie e favorire la diuresi. È consigliato berle durante la giornata o la sera e soprattutto evitando di aggiungere zucchero.

Proprio la riduzione degli zuccheri serali permette all’organismo di perdere quei chili di troppo accumulati con le feste. Una cena a base di pesce (meglio se non di allevamento in quanto ricco di mangime poco sano per l’organismo e povero di omega3) o di carne bianca magra, accompagnato da un contorno di verdura è sicuramente l’ideale per chi vuole rimettersi in linea e che soprattutto ci tiene a mangiar sano. Se proprio non si riesce a resistere ai carboidrati, un giusto compromesso potrebbero essere quelli a basso indice glicemico.

Farro, orzo, quinoa, riso rosso o riso venere sono l’ideale, oltre ad avere un’elevata capacità saziante, sono ottimi per creare gustose ricette, senza per questo intaccare troppo l’aumento di peso e soprattutto la salute. Le feste rappresentano un momento di incontro e felicità ma attenzione a non invitare al ballo anche la candida ed altre specie micotiche o batteriche. È opportuno non eccedere con gli zuccheri, terminato il periodo critico una sana e varia alimentazione associata ad una corretta ed efficace terapia a base di fermenti, permette all’organismo di ripristinare la permeabilità intestinale e trarre giovamento per tutto il corpo. Se siete tra coloro che manifestano sintomi specifici dopo un eccesso di zuccheri e lieviti (perdite bianche con pruriti, gonfiore addominale, candida, stipsi e flatulenza, cistite, solo per citarne alcuni), è possibile che siate intolleranti a zuccheri, lieviti o farine raffinate.

Un test per la ricerca di intolleranze alimentari può aiutarci a scoprire se questi alimenti sono “pericolosi” per il nostro organismo. Il test ALCAT è il test indicato per la ricerca di intolleranze alimentari.



November 23, 2014 Newsletter

Prof. Di Fede, perchè Alcat Test è migliore del citotossico? qual’è la differenza?
Sono tutti e due test effettuati mediante prelievo di sangue, ma i risultati dell’Alcat Test sono effettuati da un robot e quindi secondo me più veritieri e sicuri

Il cibo risultato positivo al test va escluso per sempre? 
No! assolutamente ,la sospensione è al massimo (nel caso del Ramge Mpos) di un mese, poi bisogna fare una dieta simile allo svezzamento e reinserire l’alimento gradualmente.
Il disturbo per il quale sono venuto, quando reinserisco l’alimento incriminato ritorna?
No, se si segue correttamente lo “svezzamento”, l’alimento risultato positivo è comunque sempre da non assumere tutti i giorni.

I test va ripetuto ?
No, secondo me, solo quando vi è una positività all’oliva, per verificarne che sia solo un sovraccarico dell’organismo e non un’intolleranza all’olea europea.

Qual’è la differenza con una allergia?
L’allergia crea una reazione immediata dell’organismo, l’intolleranza può svilupparsi anche dopo giorni, mesi, poichè si evidenzia solo quando l’organismo supera il livello di soglia.

Ho fatto un milione di diete, ma senza risultati e ho deciso di fare anche questo perchè una mia amica ha avuto ottimi risultati, e so che era positiva alla Candida, cos’è e perchè ha avuto risultati?
La Candida è un fungo che se supera ilivelli standard dà pesantezza, gonfiore, cattiva digestione e soprattutto non aiuta a perdere peso, quindi bisogna innanzitutto negativizzarla prima di procedere alla dieta di rotazione.L’organismo non risponde perchè va in memoria e meno mangiamo, più va in accumulo di riserve.

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June 14, 2014 Newsletter

Il Prof. Di Fede ha preparato questo studio sullo zafferano, una delle poche spezie che gli intolleranti al nichel e non solo posso usare per insaporire, colorare e dar gusto alle pietanze.

Le cellule nervose che trasformano la luce in segnali elettrici per il cervello – FOTORECETTORI- si possono definire, dei gioielli che la natura ha messo a disposizione e perfezionato nel corso dell’evoluzione. Cellule sofisticate ed esigenti, i fotorecettori hanno un metabolismo intenso che richiede moltissimo ossigeno. Con gli anni, però, il meccanismo tende a incepparsi e l’ossigeno da vitale che era può diventare tossico per queste cellule, fino a provocarne la morte, riducendo il numero di queste cellule preziose. E’ quello che avviene in diverse forme di cecità senile, ma anche – a causa di difetti genetici – in maculopatie ereditarie come la sindrome di Stargardt.

Purtroppo, attualmente non esiste cura per queste patologie: nel frattempo, però, molti ricercatori si sono chiesti se e come sia possibile contrastare il danno da ossigeno e rallentare così il processo degenerativo. Per ritardare il più possibile la perdita della vista, ma anche per dare il tempo alla scienza di trovare strategie di cura definitive. Un gruppo di ricercatori, dell’Università dell’Aquila si sono imbattuti in una sostanza con proprietà altamente anti ossidanti, lo zafferano o nome latino, crocus sativus, di cui l’Abruzzo è fra i principali produttori al mondo.

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February 18, 2014 Newsletter

I prodotti chimici industriali sono un pericolo per i bambini, e le loro tossine potrebbero causare un’epidemia di disturbi dello sviluppo cerebrale. L’allarme arriva da un articolo pubblicato su The Lancet Neurology da due dei maggiori esperti mondiali sul legame tra ambiente e salute dei bambini, che chiedono a tutti i Paesi di aggiornare le procedure di valutazione del rischio chimico.

«Negli ultimi sette anni il numero di sostanze chimiche tossiche per lo sviluppo neurologico è salito da 6 a 12, mentre il numero delle sostanze chimiche note per danneggiare il cervello, ma non regolamentate per proteggere la salute dei bambini è passato da 202 a 214» spiega Philippe Grandjean della Harvard School of Public Health di Boston. Tali sostanze pericolose possono trovarsi in oggetti di uso quotidiano: abbigliamento, mobili e giocattoli, ma i regolamenti attuali sono inadeguati per salvaguardare i bambini, il cui cervello è particolarmente vulnerabile ai tossici ambientali.

«Ci vuole una legge che obblighi i produttori a certificare che gli agenti chimici industriali, nuovi ed esistenti, siano stati detossificati o eliminati dai prodotti del commercio» riprende il ricercatore. sottolineando che è ormai ora di regole anche per i bambini, per evitare una futura pandemia di autismo, deficit di attenzione (Adhd), dislessia o paralisi cerebrale, con sofferenze e costi associati. «Il peso economico dell’avvelenamento da piombo tra i bambini negli Stati Uniti, per esempio, raggiunge già oggi i 50 miliardi di dollari, e quello per la tossicità da metilmercurio circa 5 miliardi.

Ma questo potrebbe essere solo la punta dell’iceberg» ammonisce Grandjean, ricordando che la stragrande maggioranza degli oltre ottantamila agenti chimici industriali usati in Nordamerica non sono mai stati testati per verificarne gli effetti tossici su feti e neonati. «L’esposizione a queste sostanze durante lo sviluppo può provocare lesioni al cervello a concentrazioni molto più basse di quelle nocive per gli adulti» puntualizza il ricercatore. E conclude: «La nostra preoccupazione è che sia già in atto un’epidemia silenziosa tra i bambini di tutto il mondo esposti a sostanze chimiche tossiche non riconosciute, che stanno a poco a poco erodendone l’intelligenza, alterandone i comportamenti, pregiudicandone i risultati futuri nella vita e nella società, specie nei Paesi in via di sviluppo».
The Lancet Neurology, 2014; 13(3): 330-333)

Un’attenzione particolare agli additivi e conservanti alimentari presenti in moltissimi alimenti di origine industriale. I conservanti alimentari, coloranti, additivi sono una delle cause che portano allo sviluppo di sindrome ipercinetica del bambino, deficit di attenzione, dermatite, intolleranze alimentari.

Sono agenti nascosti negli alimenti e a volte sono indicati solo in parte sulle etichette. Un’attenta raccolti dei dati, è necessaria per scoprire le abitudini alimentari del bambino e della famiglia, al fine di poter eseguire un test per la diagnosi di intolleranze ai conservanti e additivi attraverso il test ALCAT. ……..



February 7, 2014 Newsletter

Una dieta personalizzata basata sul proprio DNA può far nascere un campione…

Esistono in letteratura moltissimi studi che evidenziano come la performance sportiva, soprattutto a livello agonistico, possa essere alterata da una scorretta alimentazione. Nel mondo sportivo odierno, dove sono i dettagli a fare la differenza, dove i decimi o i centesimi di secondo permettono di trionfare alle Olimpiadi o ai Campionati del Mondo, una sana e corretta alimentazione deve essere considerata come un trampolino di lancio per raggiungere l’obiettivo. I sintomi di un’intolleranza alimentare sono diversi, a volte, non si rendono neppure manifesti, rimangono subdoli generando un accumulo di infiammazione. In molti sportivi problemi di natura muscolare, articolare, stanchezza cronica, difficoltà di recupero post gara sono solo alcuni dei sintomi riconducibili ad un’intolleranza alimentare.

La maggior parte degli atleti che praticano sport professionistico di squadra segue spesso un’alimentazione standard, preimpostata, non personalizzata. Si tratta per lo più di menu’ ricchi di carne, pesce, zuccheri, verdure, pasta. E se il nostro atleta fosse geneticamente predisposto ad essere intollerante al glutine? Se il suo organismo fosse predisposto a non tollerare gli zuccheri?

Esperti nutrizionisti potrebbero storcere il naso evidenziando il fatto che non sempre una predisposizione corrisponde ad una manifestazione della patologia. Vero ma non sono forse questi i dettagli che fanno la differenza? Oggi esiste una nuova scienza, la nutrigenetica che studia i rapporti tra il patrimonio genetico, il DNA e la variabilità interindividuale. Con un semplice brush salivare, che ha il vantaggio di poter essere effettuato a qualsiasi età della vita, una volta sola, possiamo personalizzare l’alimentazione e migliorare le prestazioni fisiche. Seguire una dieta rispettosa delle proprie intolleranze alimentari in base al proprio DNA, significa fornire al proprio organismo la giusta benzina per poter esprimere al meglio le qualità fisiche. Monitorando l’alimentazione sin dalle prime fasi dell’agonismo sportivo, potremmo infatti permettere ad un atleta qualsiasi di diventare l’atleta che lui stesso ha sempre sognato di diventare.

Dr Sacha Sorrentino, Imbio Milano – Biologo Nutrizionista Num. iscrizione: AA_069116 – sacha.sorrentino@imbio.it



July 30, 2012 Newsletter

Nei paesi industrializzati, il numero di persone che manifestano fenomeni allergici è in costante aumento: tra il 5 e il 25% degli adulti riferisce di avere avuto una reazione allergica dopo assunzione di alimenti, mentre nei bambini (durante i primi 3 anni di vita) la percentuale varia tra il 6 e il 10%.

Oltre alle classiche e note allergie, un fenomeno emergente è l’allergia a sostanze alimentari “nascoste” negli alimenti. Classico esempio sono gli utensili per la preparazione degli alimenti, che possono contaminare la lavorazione di sostanze alimentari determinando reazioni allergiche da allergeni nascosti.

Molti cibi contengono alimenti “nascosti” aggiunti nella lavorazione industriale alimentare che, seppur potenzialmente allergizzanti o almeno sensibilizzanti, non sono segnalati nelle etichette.

L’uovo, ad esempio, è spesso aggiunto come emulsionante, e come tale (emulsionante e non uovo) aggiunto nell’elenco degli ingredienti. In maniera analoga anche la soia può essere presente nell’alimento senza essere segnalata come tale, ma come emulsionante.

La stessa cosa vale per le spezie e gli aromi naturali, che possono scatenare reazioni allergiche improvvise.

Alcune persone sottoposte a test d’intolleranza, sono, infatti, positive a un dato alimento, pur non avendolo mai assaggiato. Si presume pertanto che l’alimento intollerato sia presente, come emulsionante, in cibi che normalmente non lo contengono. La globalizzazione dei mercati alimentari sta, infatti, facilitando la diffusione di questi “nuovi” allergeni, non presenti in passato nelle nostre abitudini alimentari.

Di pari passo con le allergie, anche le cosiddette “intolleranze” alimentari sono un fenomeno crescente che, dato il numero di pazienti con manifestazioni allergiche, ma con esami allergologici specifici negativi, è da tenere in debita considerazione.

Le manifestazioni cliniche d’intolleranza e allergia sono identiche, ma esiste una differenza sostanziale: la reazione allergica è immediata, quella allergica su base intollerante avviene, invece, dopo ore o nell’arco di due giorni dall’ingestione dell’alimento incriminato.

Si parla in questo caso di reazioni allergiche ritardate, in cui difficilmente l’alimento o gli alimenti “reattivi” possono essere identificati precisamente. Proprio per questo, diversamente dalle allergie, che sono facilmente rilevabili, le intolleranze hanno un approccio diagnostico e clinico di difficile standardizzazione.

Per rispondere alle esigenze del mondo medico, è stato introdotto ALCAT Test, un nuovo metodo di diagnosi grazie al quale è possibile ridurre lo stato infiammatorio e di conseguenza la suscettibilità a sviluppare intolleranze e allergie alimentari.

Il test, riconosciuto dall’U.S. Food and Drug Administration (FDA) e utilizzato dalla Fondazione IRCCS Policlinico “San Matteo” di Pavia, Laboratorio di Immuno – Allergologia, valuta la reazione infiammatoria dei Granulociti Neutrofili in grado di rilasciare fattori istamino simili e citochine pro infiammatorie che possono innescare la reazione allergica.

ALCAT ha messo in evidenza reazioni d’intolleranza verso sostanze alimentari e alimenti, che determinano reazioni allergiche da “accumulo” dell’allergene. Le sostanze, che fungono da allergeni nascosti, più frequentemente positive al test sono:

UOVA
Le proteine dell’uovo sono gli allergeni più spesso coinvolti nelle reazioni allergiche alimentari, circa il 20% di tutte le reazioni. Si trovano nei dolci, gelati, caramelle, e molte volte non è segnalato. Anche l’albume è utilizzato come eccipiente o emulsionante senza essere segnalato. Il grana padano contiene tracce di uova, così come alcuni farmaci.

LATTE
Le proteine del latte possono essere allergeni nascosti. Si trovano nella margarina, nei prodotti a base di soia, negli alimenti prodotti in stabilimenti industriali come contaminanti dei prodotti caseari, nei salumi e negli insaccati, o come emulsionante non specificato, ad esempio, negli hot dog.

SOIA
È una proteina vegetale diffusa sotto forma di semi, germogli, pasta, olio, farina, utilizzata come additivo alimentare in molte preparazioni gastronomiche. La diffusione dei ristoranti asiatici, ha infatti favorito la crescente diffusione di alimenti a base di soia, esponendo i pazienti “sensibili” a frequenti e accidentali ingestioni dell’alimento. La farina di soia è spesso presente in salsicce, hamburger, e prodotti a base di carne.

ARACHIDI
L’allergia alle arachidi è un problema molto diffuso negli Stati Uniti, dove il consumo è notoriamente elevato. In Europa è meno rilevante, ma non da sottovalutare. Si tratta, infatti, di un allergene nascosto in diversi alimenti.
Anche la frutta a guscio (noci, mandorle, nocciole) contenuta in alcuni gelati, snack-food, dolci, glassa alla mandorla, determina di frequente importanti reazioni allergiche.

GRANO SARACENO
Pur appartenendo alla famiglia delle Polygonaceae, e non essendo quindi formalmente un cereale, viene comunemente definito tale per via delle caratteristiche nutrizionali. Limitato nelle aree dell’Italia settentrionale (pizzoccheri valtellinesi), negli ultimi anni, il suo consumo in ambito alimentare si è diffuso in tutta la penisola. È, infatti, privo di glutine, e quindi è utilizzato nella preparazione delle farine e della pasta per le persone celiache.

NICHEL
Tra gli allergeni nascosti, il Nichel è tra i più presenti e insidiosi. Con l’ingresso dell’Euro come moneta unica, le monetine sono diventate di comune utilizzo. Il metallo che le compone è ricco di nichel, e determina nelle persone sensibili a questo elemento l’aggravamento di eventuali dermatiti o sensibilità al nichel alimentare.



June 30, 2012 Newsletter

Con l’avvicinarsi della stagione estiva aumenta la voglia di rimettersi in forma e perdere quei chili di troppo che, a causa di una ridotta attività fisica e di un maggiore introito calorico, abbiamo accumulato durante l’inverno.

Il nostro stato fisico può, infatti, essere paragonato alla risultante di una semplice e banale equazione, che coinvolge le calorie introdotte e quelle utilizzate a scopo energetico. In parole povere, quando le calorie assunte sono di più di quelle consumate (sport, movimento ecc), l’organismo “conserva” questo surplus energetico sotto forma di grasso di deposito, i famosi cuscinetti distribuiti nei vari distretti.

Sembrerebbe, dunque, che per perdere peso sia sufficiente ridurre gli introiti o aumentare i consumi energetici. In teoria, è così. Nella pratica, purtroppo, numerosi fattori possono complicare le cose: il controllo ormonale, le abitudini scorrette, la qualità dei cibi, le intolleranze alimentari e tutta una serie di altre cause.

Altro aspetto, che sicuramente influisce sulla valutazione e sul trattamento del problema, è il non tenere in debita considerazione l’aspetto temporale. Molti pazienti vorrebbero perdere i chili in eccesso nell’arco di pochissimo tempo. Ecco perché, a ogni nuova stagione, proliferano diete miracolistiche, che promettono risultati brillanti in tempi ristrettissimi: giusto uno o due mesi (a volte molto meno….) prima della famosa “prova costume” ormai non più solo appannaggio delle gentili signore, ma anche tra aitanti maschietti.

Tra le tante diete proposte di recente, la più nota – nel bene e nel male – è senz’altro quella ideata dal Dr. Pierre Dukan. Utilizzata dai reali d’Inghilterra e da altri personaggi famosi, sembra non avere lo stesso successo negli ambienti scientifici. Nei miei ambulatori di Fano e Bari, i pazienti mi domandano spesso come funziona questa dieta e se effettivamente può creare dei disturbi.

La parola d’ordine della dieta Dukan è: No carboidrati; Si proteine. All’inizio della dieta si mangiano, infatti, solo proteine, a colazione, pranzo e cena. Teoricamente, in questo modo, si eviterebbero gli accumuli di grasso dovuti all’introito di carboidrati e grassi, e si andrebbe a stimolare l’utilizzo del grasso posseduto a scopi energetici. Molto sommariamente questo è il principio. In realtà, le cose sono un po’ diverse.

La dieta si divide in quattro fasi:

  • La prima, definita di “attacco“, della durata di circa una settimana, prevede durante la giornata l’utilizzo di sole proteine (carne, pesce, formaggi, uova, ecc).
  • La seconda, definita di “crociera“, prevede l’introduzione di vegetali da alternare alle proteine.
  • La terza, definita di “consolidamento“, prevede la reintroduzione di carboidrati, frutta e altri alimenti.
  • La quarta fase è di “stabilizzazione“, che prevede la ripresa delle abitudini regolari. Non ci sono limiti di quantità.

Proviamo a fare l’avvocato del diavolo per analizzare gli eventuali “pro” e “contra”:

PRO:

  • E’ abbastanza rapida.
  • Toglie la fame. Le proteine hanno un potere saziante più elevato degli altri gruppi alimentari.
  • E’ relativamente semplice.

CONTRA:

  • E’ vincolante. Bisogna seguire le diverse fasi attentamente, pena gli annullamenti degli effetti.
  • E’ ripetitiva. Sempre e solo proteine.
  • E’ abbastanza rischiosa. Non è indicata a persone che hanno problemi cardiaci o colesterolo alto.
  • E’ molto povera di fibre: stitichezza e “inaridimento ” dell’intestino, sono sempre in agguato.
  • Quando s’interrompe, si riprende quanto perso (anche con gli interessi).

Tra i vari svantaggi, è bene evidenziare il manifestarsi di forti scompensi nutrizionali, che si manifestano con cali di energia, dovuti soprattutto alla forte mancanza di carboidrati, ma anche di verdure e frutta, importanti per le vitamine. Può favorire l’aumento di colesterolo cattivo (LDL), soprattutto dovuto al forte consumo di carni rosse e uova.

C’è anche un aspetto psicologico dovuto alla forte limitazione d’uso dei vari alimenti. Una dieta, anche se dimagrante, dovrebbe quanto più possibile soddisfare il palato.

Cercando di non essere troppo “tecnico”, è giusto aggiungere qualche concetto sul meccanismo della dieta Dukan. Si tratta di una dieta prevalentemente proteica, che stimola una via metabolica “alternativa” a quella tipica di un’alimentazione mista (carboidrati, lipidi e proteine), e genera come prodotti di scarto delle sostanze chiamate “corpi chetonici” (Acetone, Acetoacetato, Acido Beta-idrossi-Butirrico). A contatto con i bambini piccoli, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito il caratteristico odore del famoso “acetone“, manifestato soprattutto nei casi di alimentazione scorretta. Ebbene, anche con la Dieta Dukan, si ha una grande produzione di corpi chetonici, che (soprattutto il Beta idrossi Butirrico) a livello Ipotalamico (è una particolare regione del cervello, che presiede molte funzioni di controllo), riducono lo stimolo della fame e garantiscono tono ed euforia al paziente. In genere, un metabolismo normale ne produce in minime quantità, che sono smaltite da reni e polmoni.

L’accumulo dei corpi chetonici, detta chetosi, abbassa il ph (misura l’acidità) ematico (del sangue), con conseguente acidosi metabolica (situazione tipica dei diabetici scompensati). Il problema si aggrava se il soggetto pratica un’intensa attività sportiva, che aumenta le richieste di glucosio da parte dell’organismo.

Complessivamente, quindi, la dieta funziona nell’immediato, ma sottopone l’organismo a uno stress continuo e non salutistico. Il gioco non vale la candela; la dieta chetogenica, infatti, anche se efficace, dovrebbe essere sostituita da altri regimi alimentari meno dannosi, soprattutto quando si vuol portare avanti un programma di riduzione del peso più a lungo termine. Un dimagrimento più graduale (in media tre/quattro kg al mese) è il metodo più duraturo e salutare.

Perdere peso è solo la punta di una serie di condizioni alterate, che apparentemente sono abbinate solo all’aumento ponderale, ma in realtà incidono su tutta una serie di aspetti che dovrebbero essere tenuti in considerazione:

  • Inquadramento del paziente
  • Individuazione di eventuali intolleranze alimentari (c’è una stretta correlazione tra aumento di peso e presenza di un’alterata tolleranza verso certi alimenti.)
  • Disintossicazione ed eliminazione di tossine.
  • Programma alimentare molto vario, che prevede l’utilizzo di tutti i gruppi alimentari, ma con una novità: una grossa riduzione dell’utilizzo di carboidrati legati al frumento (vedi pane e pasta), con utilizzo di carboidrati appartenenti a cereali diversi, vedi Miglio, Quinoa, Grano Saraceno, Avena ecc, sempre che non ci siano segnali particolari derivanti dal test sulle intolleranze.

Il tutto sempre supportato da una buona attività fisica (ricordo i grossi benefici sul consumo di grasso derivanti da una semplice passeggiata a passo svelto) e dall’abbondante consumo di acqua durante la giornata. Fondamentale, durante tutti i programmi alimentari, è l’utilizzo di frutta e verdura, per l’apporto di sali minerali e vitamine. Importante, inoltre, non esagerare con i carboidrati: mai la sera, e soprattutto a non elevato Indice Glicemico (I.G.). Quanto più è alto l’indice glicemico (dolci raffinati, pane bianco, zucchero, ecc), tanta più Insulina si metterà in circolo, con l’aumento di peso che ne consegue. (si trovano tabelle con gli indici glicemici dei vari alimenti).

a cura del Dr Francesco Lampugnani, Biologo Nutrizionista, Specialista in Farmacologia


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