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October 22, 2014 Newsletter

Con l’arrivo dell’autunno comincia la periodica raccolta di funghi commestibili, la cui crescita è favorita dalle condizioni umide e dalla presenza di un suolo continuamente arricchito di nuova materia organica, le foglie che cadono dagli alberi. Tutto questo permette lo sviluppo e la crescita dei funghi che sfruttano la materia organica morta per svilupparsi nelle forme e colori che tanto affannosamente ricerchiamo nei luoghi più umidi e ombreggiati dei boschi.

Pochi sanno, tuttavia, che i funghi sono anche delle vere e proprie “spugne” di metalli pesanti e, tra questi, di nichel, sostanza chimica presente in natura praticamente in tutti i suoli.
Oltre al Nichel, alcune varietà di funghi possiedono anche tracce di lattosio, con conseguenti problemi in chi è particolarmente sensibile a questo zucchero. Bisogna inoltre ricordare che i funghi producono naturalmente sostanze antimicrobiche e tali sostanze, anche se in piccola quantità, sono ancora presenti nei funghi edibili, con effetti negativi sulla composizione della flora batterica intestinale.

Quando a far le spese di questa sovrabbondanza di molecole sono i lattobacilli e i Bifidobatteri presenti nel nostro intestino, Candida albicans, fungo naturalmente presente nel tratto intestinale e nostro commensale (ci aiuta infatti nella digestione degli zuccheri), diventa aggressiva, mutando la sua struttura e trasformandosi in una forma invasiva. Candida albicans, nella forma patogena, è capace di provocare microfessure nell’epitelio intestinale (DISBIOSI), portando inevitabilmente al passaggio, attraverso tali aperture, di macromolecole alimentari, non completamente digerite, verso il sangue, con l’insorgenza dei sintomi tipici di un’intolleranza alimentare come gonfiore, stanchezza, sonnolenza post-prandiale, aereofagia, stipsi, cefalea, dermatiti, nausea, irritabilità etc.

Anche coloro che soffrono di intolleranza ai lieviti devono far attenzione ai funghi edibili: i lieviti, infatti, fanno parte dello stesso ramo evolutivo dei funghi. Consumare troppi prodotti lievitati può quindi portare il nostro sistema immunitario a riconoscere e reagire allo stesso modo nei confronti dei funghi commestibili.

Scoprire se la causa dei nostri disturbi gastrointestinali è riconducibile ad un’intolleranza ai lieviti o ai funghi è molto semplice: attraverso la metodica ALCAT e in particolare il pannello
ALCAT 30 è possibile verificare la reazione del nostro corpo non solo ai lieviti (lievito chimico, lievito di birra e Candida albicans), ma anche ai funghi (Reishi, Maitake, Cordyceps, Champignon e Shiitake) per evitare spiacevoli e “lievitanti” sorprese al nostro organismo.



March 30, 2014 Newsletter

Cos’è la terapia chelante?

La terapia chelante rappresenta la prima scelta terapeutica nel trattamento di rimozioni dei metalli pesanti dall’organismo, e la principale indicazione nella prevenzione dei danni generati dai radicali liberi.Tra tutte le sostanze inquinanti, i metalli pesanti sono da considerare un elemento pericoloso con cui possiamo venire, volenti o nolenti, in contatto nella nostra quotidianità. Essi, infatti, possono trovarsi a nostra insaputa nei cibi, tessuti per abiti e vestiti, rivestimenti ambientali, vernici, farmaci, per citare alcuni dei principali veicoli.

I metalli sono tutti tossici?

Non tutti i metalli sono tossici, e soprattutto alcuni come il ferro, rame, selenio, zinco, a determinate concentrazioni sono assolutamente indispensabili per lo svolgimento delle normali funzioni metaboliche dell’organismo, il problema è che a dosi elevate risultano essere tossici e dannosi.

Quali sono i metalli che possono risultare tossici?

Alcuni metalli tossici, come il piombo, mercurio, alluminio, cadmio, esercitano effetti dannosi sull’organismo anche a bassissime dosi o concentrazioni.

Dove si accumulano i metalli?

I metalli si accumulano lentamente e progressivamente nel nostro corpo ad esempio a livello del tessuto adiposo, nelle ossa, nel fegato, nel cervello, nella tiroide.

Dove si trovano i principali metalli pesanti e tossici e come li introduciamo nell’organismo?

Le principali fonti maggiori di mercurio sono:

  • amalgame per otturazioni dentarie

  • thimerosal ( vaccini )

  • sostanze detergenti per pavimenti

  • pesci di grossa taglia ( tonno, spada )

  • cosmetici

  • talco

  • coloranti

  • diuretici

  • lassativi

  • tatuaggi

  • supposte anti infiammatorie e per emorroidi

  • pomate anti psoriasi

Le fonti di tossicità da alluminio:

  • lattine di birra

  • lattine in generale

  • lievito in polvere

  • aspirine tamponate

  • pentole e stoviglie di alluminio

  • carta di alluminio per o cibi

  • usato come conservante in alcuni condimenti per i primi, sott’aceto, cosmetici,

  • antiacidi

Le fonti di tossicità per il piombo:

  • vernici

  • inquinanti ambientali come gli scarichi dei motori delle auto

  • saldature e fonderie

  • sigarette

  • insetticidi

  • conserve

  • acqua di rubinetto

  • ortaggi coltivati in zone ad alto rischio  di inquinamento

Cosa crea il metallo tossico nell’organismo?

Il metallo blocca il lavoro di particolari enzimi all’interno delle cellule, progressivamente si riduce la produzione di energia fino ad arrivare al blocco cellulare.

Quali sono i sintomi da intossicazione da metalli pesanti?

La sintomatologia da metalli tossici è molto varia e può coinvolgere numerosi organi e apparati. In base al tessuto intaccato, avremo dei sintomi tipici e specifici correlati, ad esempio problemi neurologici se i metalli si depositano nel sistema nervoso centrale, disfunzioni ormonali tiroidee se si depositano nella tiroide, disturbi intestinali, polmonari. etc…

Siamo tutti a rischio?

Potenzialmente sì. Le categorie più a rischio sono bambini e anziani, o malati cronici.

Quali indagini si possono eseguire per sapere se si è predisposti ad accumulare i metalli pesanti?

Il mineralogramma rappresenta l’indagine non invasiva di elezione per la ricerca di metalli pesanti nel nostro organismo; la procedura è semplice e non invasiva, si tagliano i capelli della zona nucale, circa un grammo (1 cucchiaio), in pratica si tratta di una biopsia tessutale vera e propria. Grazie al mineralogramma, possiamo  scoprire l’accumulo qualitativo e quantitativo dei vari tipi di metallo pesante e dove tende la loro localizzazione. Si sceglie il capello perché rappresenta un tessuto stabile nel tempo ed affidabile.

Un’altra analisi utile si può eseguire attraverso l’esame delle urine.L’analisi della presenza di metalli pesanti nell’urina è indice del loro accumulo nell’organismo. Si possono ricercare i principali metalli tossici.

 Possiamo curare questa intossicazione? Esiste una terapia efficace?

Si esiste una terapia efficace che ci chiama CHELAZIONE. Ci sono alcuni principi attivi molto efficaci che si utilizzano da diversi anni con successi terapeutici.

Cosa si usa per chelare i metalli pesanti dall’organismo?

La prima scelta cade sull’uso di EDTA ( acido Etilen Diammino Tetracetico ) endovena, la metodica richiede esperienza da parte dell’operatore e consiste in una seduta terapeutica della durata da 1 fino a 2 ore.

Altre sostanze utilizzate sempre per via endo vena, sono acido lipoico, glutatione ridotto, ATP, Vitamina C ad alti dosaggi, N-Acetil-Cisteina. Queste sono tutte sostanze ad azione chelante, che hanno cioè lo scopo di eliminare i radicali liberi che si formano dalle reazioni biochimiche degli alimenti e dei metalli tossici.

A volte è possibile associare una terapia per via orale, con prodotti gastroprotetti, in grado di catturare le molecole dannose dall’organismo ed eliminarle attraverso i reni, fegato e intestino.

Meccanismi d’azione e benefici della terapia chelante:

  • chelazione, rimozione dei metalli tossici

  • chelazione dei depositi di calcio presenti sulle pareti dei capillari del microcircolo, con attivazione e ossigenazione dei capillari periferici

  • ha effetto anti radicali liberi ( corregge lo stress ossidativo )

  • riduce l’adesione delle piastrine

  • riduce il colesterolo e la sua adesione nelle arterie

  Indicazioni della terapia chelante ( dove la causa è un accumulo di metalli e   sostanze tossiche negli organi )

  • patologie della circolazione e del cuore ( ischemia, arterioscelrosi )

  • patologie della retina con elevato stress ossidativo

  • patologie renali

  • ipertensione arteriosa

  • patologie del fegato

  • invecchiamento ( aging )

  • intossicazione da agenti tossici

  • MCS ( sensibilità chimica multipla )

  • prevenzione e trattamento dei disturbi generati dall’arteriosclerosi

  • intossicazione da metalli pesanti

  • dolori osteo articolari causati da depositi di tossine nei tessuti

  • malattie del collagene ( collagenopatie )



March 4, 2014 Newsletter

La mancanza di tempo e lo stile di vita sempre più frenetico portano spesso alla scelta di prodotti da forno di tipo industriale, che spesso utilizzano,per la levitazione dei loro impasti, composti chimici.

Il LIEVITO CHIMICO è infatti costituito da sostanze che, in determinate condizioni, reagiscono tra di loro o con altri componenti dell’impasto per generare gas (quasi sempre anidride carbonica) che permette, come nel caso della lievitazione da lievito di birra, l’espansione dell’impasto.

I lieviti chimici più diffusi sono: CARBONATO DI SODIO, POTASSIO, AMMONIO E MAGNESIO (E500, E 501, E503, E504), TARTRATO DI SODIO (E335), TARTRATO DI POTASSIO (O CREMOR TARTARO, E336), ACIDO TARTARICO (E 334) e

GLUCONE DELTA LATTTONE (E575). Si tratta di composti chimici presenti anche in natura ma che, nella maggioranza dei casi, vengono prodotti per sintesi chimica.

Queste sostanze, per legge, sono classificate come ADDITIVI e sono tecnicamente definite “AGENTI LIEVITANTI”. La loro caratteristica è quella di generare gas molto più velocemente dei loro “parenti” biologici e quindi di risultare più adatte alla preparazione di dolci industriali.

L’azione chimica di questi agenti, tuttavia, non avviene solo nell’impasto ma continua anche nello stomaco e successivamente nell’intestino, favorendo PROCESSI DI FERMENTAZIONE che creano i fastidiosi effetti di GONFIORE, METEORISMO e AEROFAGIA, dati dalla presenza di CO2, che compaiono puntuali al termine di un’abbuffata.

Dagli ultimi studi compiuti dal POLICLINICO SAN MATTEO di PAVIA utilizzando il test ALCAT

l’unico esame sulle intolleranze riconosciuto in America dalla FDA (Food and Drug Administration)

  • è stato possibile rilevare come, nel corso del 2013, tutti coloro che presentavano un’intolleranza ai LIEVITI nei mesi di NOVEMBRE e DICEMBRE mostravano un’alta positività al LIEVITO CHIMICO. Tale risultato è facilmente comprensibile se si tiene conto del grande consumo di dolci e prodotti da forno LIEVITATI CHIMICAMENTE che vengono consumati durante le vacanze natalizie. Tale situazione crea le condizioni ottimali per lo sviluppo di CANDIDA abicans che, nel mese di GENNAIO, raggiunge il picco di intolleranza (dati ALCAT dall’Ospedale San Matteo di Pavia, anno 2013). La presenza di questo fungo, oltre a provocare gli sgradevoli e conosciuti effetti, predispone anche all’insorgenza di INTOLLERANZE ALIMENTARI a causa dell’aumentata permeabilità della mucosa intestinale (DISBIOSI).

Per scongiurare tale situazione al ritorno delle vacanze, quindi, cercate di evitare, per quanto possibile, dolci e prodotti da forno lievitati chimicamente ed approfittate delle ferie per cucinare dolci fatti in casa con lievito madre, lasciando i “chimici dei dolci” nei loro asettici barattoli.

Articolo di Davide Iozzi, Biologo nutrizionista, esperto in nutrizione umana, collaboratore dell’Istituto di Medicina Genetica Preventiva (I.M.Ge.P.) di Milano.



January 1, 2013 Newsletter

L’alcool è una sostanza di origine naturale proveniente dalla fermentazione e/o distillazione di cereali, frutta o verdura. È conosciuto come la sostanza psicoattiva più antica e più diffusa. Ma se è di origine naturale, come mai può arrivare a creare assuefazione, tossicità ed effetti paragonabili a quelli di una droga ad azione tossica? La risposta sta nella via metabolica utilizzata che fa sì che entri subito nel circolo sanguigno, raggiungendo velocemente il cervello con effetti neurologici immediati. Da qui la dipendenza, il consumo eccessivo fino ad arrivare a squilibri nutritivi e a gravi complicanze per fegato, pancreas, stomaco, sistema nervoso. Alcool e farmaci utilizzano la stessa via metabolica per cui attenzione alle reazioni indesiderate se si assumono medicinali.

Secondo alcuni recenti studi, il “piacere dell’alcool” dipende, insieme con altri fattori, da una predisposizione genetica, così come il “reggere l’alcool” è dovuto al nostro DNA. Il tutto dipende naturalmente dalle dosi assunte, dallo stato di salute e dal metabolismo del soggetto. La dose giornaliera di alcool accettabile corrisponde a 0,6-0,7 g/kg di peso corporeo.

Oggigiorno l’alcolismo è una piaga sociale che colpisce non solo gli adulti, ma anche i più giovani.
L’alcool è la nuova moda degli adolescenti: si comincia con il famoso happy hour per continuare con birra, bevande alcoliche di ogni genere e colore, superalcolici. Non si tratta di “gusto del bere” ma di un mezzo per socializzare fino a raggiungere la dipendenza. Quella diffusa tra gli adolescenti non è di certo la “filosofia” del piacere di gustarsi un buon bicchiere di vino con gli amici! Il vino tra l’altro, anche se alcolico, nelle giuste dosi ha effetti benefici sulla salute. Per la ricchezza nutrizionale che lo distingue, può essere considerato un alimento. Quella del vino è una vera e propria cultura. E’ conosciuto fin dall’antichità per i suoi effetti benefici sull’uomo e ancora oggi diversi studi attestano gli effetti positivi che può avere se consumato con moderazione. Il vino con minori controindicazioni fisiologiche è quello a basso contenuto di tannini, poco alcolico, poco aromatico e non manipolato. Le proprietà benefiche del vino derivano dalla presenza di polifenoli e antociani, sostanze antiossidanti e quindi antitumorali. Inoltre, la presenza di resveratrolo, un polifenolo, gli conferisce la capacità di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. L’acido tartarico invece è un antitumorale specifico per la prostata.

Il vino rosso, rispetto a quello bianco, presenta una maggior concentrazione di polifenoli e quindi una maggior capacità antitumorale. Il vino bianco, essendo un vino meno “strutturato”, e quindi meno forte, necessità dell’aggiunta di conservanti e stabilizzanti, ecco perché è spesso responsabile del cosiddetto “cerchio alla testa”.

La bella notizia è che il vino può essere integrato nei pasti delle diete dimagranti. Al di là del suo contenuto calorico è, infatti, più importante conoscere le caratteristiche degli altri alimenti che compongono un determinato pasto: se ad esempio si tratta di un pasto con un buon apporto di zuccheri, allora sarà bene evitare l’associazione del vino e in particolare sarà il paziente diabetico a dover fare molta attenzione.

Ecco perché consiglio sempre di attenersi al consiglio di uno specialista. Particolare attenzione dovranno fare anche i soggetti con intolleranze alimentari e, parlando di vino, mi riferisco agli intolleranti al nichel ad esempio. Il nichel è un metallo presente nel terreno in grado contaminare frutta, verdura e prodotti da essi derivanti. Le bevande alcoliche possono esserne contaminate anche per il processo di lavorazione che la materia prima subisce. Il nichel è presente nel vino per cui anche in questo caso sarà lo specialista a valutare la situazione nello specifico.

Se invece non avete allergie o intolleranze diagnosticate ma, in seguito ad un paio di bicchieri di vino avvertite sintomi quali difficoltà digestive, reflusso gastrico, eruzioni cutanee, ecc., allora sarà bene effettuare l’ALCAT Test per le intolleranze alimentari (i sintomi da intolleranza possono manifestarsi fino a 48 o anche 72 ore dopo). Nel caso di vino e bevande alcoliche in generale, la causa della vostra intolleranza potrà essere il nichel o uno degli additivi chimici aggiunti durante la lavorazione o l’alimento utilizzato come materia prima. L’ALCAT Test, presente da più di vent’anni nell’ambito dell’alimentazione, e validato da studi diversi condotti presso centri di ricerca, permette di testare alimenti, nichel, additivi chimici (coloranti, conservanti, stabilizzanti) ecc. con un semplice prelievo di sangue. In seguito potrete rivolgervi al vostro medico o nutrizionista di fiducia che vi aiuterà nel risolvere il vostro problema attraverso una terapia nutrizionale e non farmacologica.

Per concludere diciamo che il vino è di certo la bevanda che rende piacevoli i pasti con gli amici, tiene compagnia e ci rende allegri e rilassati ma è bene che non diventi il nostro amico fedele. A tale proposito, dato che può essere per diversi motivi considerato un “medicamento”, ricordiamo sempre che come tutte le medicine va assunto in modo controllato.

a cura della dr.ssa Jessica Barbieri, Biologa Nutrizionista, Consulente IMBIO  Istituto di Medicina Biologica Milano.



October 5, 2009 RASSEGNA STAMPA

Nel 1999 il Ministero della Sanità ha emanato specifiche linee guida per disciplinare l’uso degli integratori alimentari, definiti “alimenti adattati a un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi“, nel tentativo di proteggere il consumatore rispetto alle spinte

promozionali di questi prodotti che, non essendo farmaci, non necessitano di prescrizione medica e sono spesso assunti senza un controllo adeguato. Mentre gli integratori energetici (a base di carboidrati, con l’aggiunta di qualche vitamina e a volte antiossidanti) e gli integratori idro-salinici (contenenti elettroliti eventualmente associati a zuccheri e vitamine) hanno un razionale d’uso, ovvero il loro utilizzo può essere giustificato in alcune situazioni, per le altre categorie di prodotti, salvo rare eccezioni, non è ancora stata scientificamente dimostrata una reale efficacia. Integratori che contengono proteine, aminoacidi, creatina e combinazioni variabili, sono acquistati da alte percentuali di sportivi, a tutti i livelli, non per sopperire a una mancanza nutrizionale, quanto piuttosto perché è diffusa l’opinione che questi integratori, assunti in dosi elevate, possano portare dei miglioramenti alle loro prestazioni.

Si definiscono “ergogeni” e, in base ai poteri loro attribuiti dalla pubblicità sono:

  • anabolizzanti, che hanno un effetto diretto sul metabolismo proteico e favoriscono il rilascio dell’ormone della crescita e/o del testosterone endogeno;
  • aerobici, per aumentare la prestazione aerobica, intervengono sui meccanismi di utilizzo dei substrati energetici e sullo smaltimento dell’acido lattico;
  • antiossidanti, con azione protettiva rispetto ai radicali liberi;
  • anoresizzanti e stimolanti, che agiscono sul sistema nervoso;
  • ricostituenti, con azione generalizzata sull’organismo. Il fatto che spesso gli ingredienti siano prodotti naturali (guaranà, ginseng, caffeina ecc.) non ne esclude la tossicità, soprattutto in merito ai dosaggi utilizzati. Per esempio, la dose di creatina normalmente assunta dai body builders e da molti di coloro che vogliono “metter su massa”, è di 20-25 grammi al giorno, corrispondente a oltre 12 Kg di carne, per lunghi periodi di tempo.

Non esiste alcun tipo di certezza riguardo l’innocuità di questo comportamento, soprattutto a lungo termine. Eppure, l’assunzione di prodotti non vietati per doping (farmaci, vitamine, integratori alimentari) è una prassi ormai generalizzata, sia nell’amatore che nel professionista. In realtà, già nella definizione attribuita dal Ministero della Sanità sorge il primo dubbio: come quantificare un “intenso sforzo muscolare” che giustifichi l’assunzione di supplementi?

È possibile che un corretto piano nutrizionale e una coerente pianificazione degli allenamenti e degli impegni sportivi soddisfino totalmente le esigenze di chi fa sport, anche ad alto livello?

Il professor Fabrizio Angelini, medico endocrinologo, consulente nutrizionista della Juventus e consigliere nazionale SIAS (Società Italiana di Alimentazione e Sport), ci è venuto in soccorso e ha messo a disposizione tutta la sua esperienza e la sua competenza per rispondere a queste e altre domande.

Tendenzialmente, un programma alimentare studiato sull’atleta riesce a garantire il completo soddisfacimento dei suoi bisogni?

Innanzitutto, un piano nutrizionale deve essere frutto di un’accurata fase diagnostica, volta a investigare diversi fattori. A livello ematochimico generale, per verificare che non ci siano carenze (anemia), che l’apparato metabolico funzioni bene (funzionalità epatica e renale), che non siano presenti marker di infiammazione (es. proteina C-reattiva). Sono poi da valutare eventuali intolleranze alimentari, sebbene ancora non esistano metodiche certe per identificarle, ma alcuni test (es. il Test Alcat) se eseguiti dopo un’accurata anamnesi possono dare indicazioni interessanti. Poi, ancora, i parametri ormonali, soprattutto per quel che riguarda la funzione tiroidea, gonadica e surrenalica. Non trascurerei soprattutto negli atleti di endurance o top level la valutazione dello Stress Ossidativo, che può essere eseguita sia sul plasma (d-roms test e BAP) che sulle urine (dosaggio della malaldeide urinaria). Per quanto riguarda la composizione corporea, ritengo importante sottolineare un corretto utilizzo dell’impedenziometria, che non dà informazioni sulle masse, bensì sui liquidi corporei. Massa magra e massa grassa sono misure che si ricavano tramite equazioni indirette, che non sono così precise. L’impedenziometria, invece, fornice informazioni importanti sullo stato di idratazione e sulla quantità di cellule metabolicamente attive. La metodica standard per la valutazione delle masse corporee è la Dexa, che consente di avere anche informazioni segmentarie, per la valutazione della distribuzione del grasso corporeo o eventuali sviluppi asimmetrici della muscolatura. Va inoltre eseguita la valutazione del dispendio energetico, tramite calorimetria indiretta o holter metabolico o l’associazione dei due. Importante è, infine, l’anamnesi nutrizionale: come il soggetto mangia, orari di pasti e allenamenti, orari di sonno e veglia.
La valutazione della sfera personale è tanto più importante nell’atleta amatoriale, la cui vita sportiva non è così rigorosa e deve essere fatta conciliare con la giornata lavorativa. Secondo gli ultimi dati della letteratura, un soggetto che svolge attività fisica due volte la settimana è considerato un sedentario. Quindi, già chi sostiene 4-5 allenamenti settimanali di buona intensità è da considerarsi un atleta con delle necessità che vanno oltre il maggiore fabbisogno calorico: il piano nutrizionale deve considerare la regolazione dei macro nutrienti, degli orari di assunzione, valutare la necessità di eventuali supplementi e considerare infine il valore antinfiammatorio, per evitare che l’atleta si infortuni troppo spesso o che recuperi bene quando gli impegni sono ravvicinati.

A suo parere è ragionevole che un atleta amatoriale, così come un frequentatore di centri fitness, assuma integratori alimentari? Come gestire in assenza di uno specialista posologie, scelte, dosaggi?

Intendiamoci sul concetto di integrazione alimentare. Se una persona svolge attività fisica con intensità media e si alimenta in maniera adeguata con un piano nutrizionale stabilito da un nutrizionista, il più delle volte non necessita di una supplementazione per l’attività sportiva magari daremo delle indicazioni sul timing di assunzione dei nutrienti. Ma se il riferimento è il livello standard di alimentazione, quindi non calibrata nella quantità e nella qualità, allora la risposta è molto probabilmente affermativa, soprattutto per il discorso legato all’infiammazione. Quello che assolutamente non deve essere praticato è il faidate: creatina, aminoacidi ramificati, proteine, omega 3 tutte le integrazioni devono essere valutate all’interno di un piano nutrizionale gestito da un professionista, perché la loro assunzione sia giustificata da un razionale. Eppure il faidate è molto diffuso…

Prendiamo ad esempio la creatina, assunta, secondo gli studi effettuati dall’Istituto Superiore di Sanità, dal 50% degli atleti, e molto diffusa anche fra gli amatori: non esiste dimostrazione scientifica di un suo possibile effetto anabolizzante, e rispetto all’effetto energetico come riserva fisiologica per la contrazione per l’ATP, dura solo pochi secondi, quindi può essere utile solo negli sport che durano pochi minuti e che necessitano di uno sforzo immediato. Perché, a suo parere, questo prodotto è così utilizzato?

La creatina è un integratore ottimo, ma deve avere un razionale: non tutti i tipi di sport ne giustificano l’assunzione, ma ci deve essere una prescrizione, non farmacologia, ma di integrazione. Altrimenti, parliamoci chiaro, è alterare la prestazione. Non si sa se la creatina assunta oltre una certa grammatura possa fare male, ma sicuramente non produce effetti positivi sulla performance. Non esistono dati in letteratura e questo vale per moltissime sostanze. Una supplementazione può essere motivata solo da una carenza, o da un momentaneo stress dell’organismo, che si può verificare, per esempio, dalla perdita di massa magra, per cui utilizzerò sostanze pro-anaboliche o anti-cataboliche. Se, per esempio, l’atleta deve sostenere un impegno fisico importante protratto nel tempo posso utilizzare anche sostanze ergogeniche, Altrimenti, si va contro al primo principio della nutrizione dello sport che dice: preserviamo la salute dei nostri atleti.

Molti considerano l’assunzione di integratori alimentari come l’anticamera del doping: lei è d’accordo con questa opinione?

Quando qualsiasi prodotto viene utilizzato senza uno specifico razionale e a dosi elevate, si entra nel sottile confine fra integrazione, supplementazione e doping. Ma sia chiaro: se cerco un’iper-dose è perché voglio ottenere un ipereffetto. I nostri nonni non avevano bisogno di un nutrizionista dello sport, perché il rapporto con l’alimentazione era molto diverso: il cibo era l’energia immagazzinata necessaria per svolgere la propria giornata. Oggi l’attività fisica viene limitata a una parte della giornata, uno sforzo concentrato in un breve lasso di tempo rispetto al normale stat o di sedentarietà, e non è detto che questo produca effetti sempre positivi. L’amatore a volte è a rischio di salute più del professionista, perché non è seguito da nessuno. In questi atleti il ruolo del nutrizionista sarebbe fondamentale. Come Sias (Società Italiana di Alimentazione e Sport) stiamo strutturando un questionario anamnestico per svolgere un’indagine epidemiologica sulle abitudini alimentari dello sportivo, a partire da come si alimenta, si idrata, se usa integratori e chi glieli prescrive. Le faccio un altro esempio con delle sostanze che sono attualmente molto di moda: gli antiossidanti. Ebbene, lo stress ossidativo è molto difficile da individuare e riconoscere, è un processo fisiopatologico che conosciamo ancora poco, eppure sono ormai tantissimi sul mercato i prodotti venduti come in grado di combatterlo: che logica ha? Valutiamo lo stress ossidativo e poi interveniamo con un’antiossidazione mirata. Anche le vitamine… una dose da 500 mg di vitamina C ha sicuramente un’azione antiossidante , ma esistono delle modalità e delle necessità di assunzione.
Certo che se un atleta si alimenta in modo scorretto, considerando anche che il valore nutrizionale degli alimenti non è più quello di un tempo, ci può essere una carenza vitaminica: ma la carenza nutrizionale va comunque rilevata.

Sempre la stessa ricerca condotta dall’Istituto Superiore di Sanità ha inquadrato questo fenomeno di abuso di sostanze come “medicalizzazione dell’atleta”: infatti, oltre a integratori (assunti dal 70% degli sportivi) e vitamine soprattutto C e D (dal 100%), si è registrato un abuso di farmaci veri e propri (soprattutto FANS, antidolorifici con azione antinfiammatoria, fra i più utilizzati, anche alla ricerca di un’azione preventiva sul DOMS). Uno studio effettuato dalla Fifa su rapporti redatti dai medici delle squadre che hanno partecipato ai mondiali del 2002 e del 2006 riporta cifre elevatissime di consumo di integratori e farmaci, numeri che, nelle parole del responsabile del settore medico della FIFA Jiri Dvorak “sollevano interrogativi sul fatto che i medicinali siano presi solo per ragioni terapeutiche” facendo ipotizzare una eccessiva prescrizione di farmaci per uomini adulti sostanzialmente sani. Qual è la sua opinione in merito?

Io non sono un medico dello sport, ma come medico non sono assolutamente d’accordo. L’atleta è fondamentalmente una persona sana, anche se il professionismo porta spesso con sé dei problemi fisici importanti. Ma una macchina che si usura prima non giustifica, comunque, l’utilizzo indiscriminato di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o di altri tipi di trattamento. Sicuramente la possibilità di pianificare preparazioni atletiche sempre più mirate e individualmente differenziate rappresenta una difficoltà negli sport di squadra, ma io credo che l’atteggiamento tendenzialmente prescrittivo sia, purtroppo, anche retaggio della nostra formazione medica italiana. Il farmaco deve essere somministrato in fase acuta, quando c’è dolore, o infiammazione, sicuramente solo in presenza di una diagnosi. Invece, pensi solo che il pacco gara dell’ultima Stramilano conteneva un libretto di consigli utili*, in cui si indicava espressamente di prendere un’aspirina (che è un FANS) subito dopo la gara… ma si rende conto? Un anticoagulante! Teniamo anche conto che l’aspirina, andando a inibire le prostaglandine, ha un effetto negativo sulla diuresi e sul ricambio idrico… Poi è chiaro che, davanti a un trama acuto o infiammazione acuta, il medico deve fare il medico, anche se ci sarebbero comunque molti approcci diversi. Credo che l’approccio multidisciplinare, che include anche visioni non esclusivamente “mediche” come la fitoterapia, l’omeopatia, l’osteopatia, sia importante anche per capire il motivo che causa gli eventi traumatici o infiammatori. Altrimenti, è come prendere un antinfiammatorio per il mal di testa senza indagare mai sulle origini del mal di testa. Poi gli atleti si rompono lo stesso, ma se tenuti sotto controllo si riducono le incidenze.

  • Da “10 consigli per la vostra prima maratona”, firmati da Linus. Con la collaborazione scientifica del Dottor Giuseppe Fischetto, specialista in Medicina dello Sport e Medicina Interna, responsabile Settore Sanitario Nazionale della Fidal, membro della Commissione Medica e antidoping della Federazione Internazionale atletica leggera. “tornano buoni due o tre consigli, questi sì uguali per tutti, dilettanti e professionisti. Subito dopo il traguardo un bicchiere di Coca Cola ha il potere di “ri-av-viare” il vostro stomaco come fate col vostro computer, qualcuno addirittura riesce a scolarsi una meravigliosa birra gelata. Poi un’aspirina per aiutare l’organismo a smaltire tutti i piccoli processi infiammatori, se non qualcosa di più potente con la supervisione di un medico sportivo”.

Fonte: Professione Fitness – Gennaio 2010

PROF. FABRIZIO ANGELINI Medico Chirurgo Specialista in Endocrinologia – Docente di Psiconeuroendocrinologia Università di Parma – Medico Nutrizionista Juventus Fc Torino – Responsabile Sezione Nutrizione e Sport SIAS.



April 30, 2009 Newsletter

È noto che un eccesso di proteine animali aiuta ad aumentare lo stato infiammatorio dell’organismo.È come se contribuissero a surriscaldare l’organismo fino ad arrivare ad un vero e proprio stato infiammatorio specialmente a carico delle articolazioni e dell’intestino.Un eccesso di proteine è causa di una forma infiammatoria articolare chiamata gotta.Le proteine animali, specialmente quelle derivate dalla carne rossa, sono una fonte di omega 6, pro infiammatori.

La cottura della carne, produce diverse sostanze del gruppo delle amine aromatiche, che per loro caratteristica chimica sono dannose per la salute e potenzialmente cancerogene.

Per ridurre le caratteristiche dannose della carne rossa è consigliabile, prima di cuocerla, marinare la carne nel vino rosso o nella birra: questo abbatte gli agenti tossici e cancerogeni della carne.
Una università della città di Porto, in Portogallo, ha confermato l’attività anti ossidante e protettiva dei polifenoli e del resveratrolo contenuto nel vino, capace di ridurre e disattivare le tossine dannose della carne rossa. La percentuale di amine aromatiche della carne marinata nel vino o birra si riduce del 90%.

Anche questa piccola perla di saggezza, ci può aiutare a prevenire malattie e a vivere in salute.


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