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January 1, 2013 Newsletter

L’alcool è una sostanza di origine naturale proveniente dalla fermentazione e/o distillazione di cereali, frutta o verdura. È conosciuto come la sostanza psicoattiva più antica e più diffusa. Ma se è di origine naturale, come mai può arrivare a creare assuefazione, tossicità ed effetti paragonabili a quelli di una droga ad azione tossica? La risposta sta nella via metabolica utilizzata che fa sì che entri subito nel circolo sanguigno, raggiungendo velocemente il cervello con effetti neurologici immediati. Da qui la dipendenza, il consumo eccessivo fino ad arrivare a squilibri nutritivi e a gravi complicanze per fegato, pancreas, stomaco, sistema nervoso. Alcool e farmaci utilizzano la stessa via metabolica per cui attenzione alle reazioni indesiderate se si assumono medicinali.

Secondo alcuni recenti studi, il “piacere dell’alcool” dipende, insieme con altri fattori, da una predisposizione genetica, così come il “reggere l’alcool” è dovuto al nostro DNA. Il tutto dipende naturalmente dalle dosi assunte, dallo stato di salute e dal metabolismo del soggetto. La dose giornaliera di alcool accettabile corrisponde a 0,6-0,7 g/kg di peso corporeo.

Oggigiorno l’alcolismo è una piaga sociale che colpisce non solo gli adulti, ma anche i più giovani.
L’alcool è la nuova moda degli adolescenti: si comincia con il famoso happy hour per continuare con birra, bevande alcoliche di ogni genere e colore, superalcolici. Non si tratta di “gusto del bere” ma di un mezzo per socializzare fino a raggiungere la dipendenza. Quella diffusa tra gli adolescenti non è di certo la “filosofia” del piacere di gustarsi un buon bicchiere di vino con gli amici! Il vino tra l’altro, anche se alcolico, nelle giuste dosi ha effetti benefici sulla salute. Per la ricchezza nutrizionale che lo distingue, può essere considerato un alimento. Quella del vino è una vera e propria cultura. E’ conosciuto fin dall’antichità per i suoi effetti benefici sull’uomo e ancora oggi diversi studi attestano gli effetti positivi che può avere se consumato con moderazione. Il vino con minori controindicazioni fisiologiche è quello a basso contenuto di tannini, poco alcolico, poco aromatico e non manipolato. Le proprietà benefiche del vino derivano dalla presenza di polifenoli e antociani, sostanze antiossidanti e quindi antitumorali. Inoltre, la presenza di resveratrolo, un polifenolo, gli conferisce la capacità di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. L’acido tartarico invece è un antitumorale specifico per la prostata.

Il vino rosso, rispetto a quello bianco, presenta una maggior concentrazione di polifenoli e quindi una maggior capacità antitumorale. Il vino bianco, essendo un vino meno “strutturato”, e quindi meno forte, necessità dell’aggiunta di conservanti e stabilizzanti, ecco perché è spesso responsabile del cosiddetto “cerchio alla testa”.

La bella notizia è che il vino può essere integrato nei pasti delle diete dimagranti. Al di là del suo contenuto calorico è, infatti, più importante conoscere le caratteristiche degli altri alimenti che compongono un determinato pasto: se ad esempio si tratta di un pasto con un buon apporto di zuccheri, allora sarà bene evitare l’associazione del vino e in particolare sarà il paziente diabetico a dover fare molta attenzione.

Ecco perché consiglio sempre di attenersi al consiglio di uno specialista. Particolare attenzione dovranno fare anche i soggetti con intolleranze alimentari e, parlando di vino, mi riferisco agli intolleranti al nichel ad esempio. Il nichel è un metallo presente nel terreno in grado contaminare frutta, verdura e prodotti da essi derivanti. Le bevande alcoliche possono esserne contaminate anche per il processo di lavorazione che la materia prima subisce. Il nichel è presente nel vino per cui anche in questo caso sarà lo specialista a valutare la situazione nello specifico.

Se invece non avete allergie o intolleranze diagnosticate ma, in seguito ad un paio di bicchieri di vino avvertite sintomi quali difficoltà digestive, reflusso gastrico, eruzioni cutanee, ecc., allora sarà bene effettuare l’ALCAT Test per le intolleranze alimentari (i sintomi da intolleranza possono manifestarsi fino a 48 o anche 72 ore dopo). Nel caso di vino e bevande alcoliche in generale, la causa della vostra intolleranza potrà essere il nichel o uno degli additivi chimici aggiunti durante la lavorazione o l’alimento utilizzato come materia prima. L’ALCAT Test, presente da più di vent’anni nell’ambito dell’alimentazione, e validato da studi diversi condotti presso centri di ricerca, permette di testare alimenti, nichel, additivi chimici (coloranti, conservanti, stabilizzanti) ecc. con un semplice prelievo di sangue. In seguito potrete rivolgervi al vostro medico o nutrizionista di fiducia che vi aiuterà nel risolvere il vostro problema attraverso una terapia nutrizionale e non farmacologica.

Per concludere diciamo che il vino è di certo la bevanda che rende piacevoli i pasti con gli amici, tiene compagnia e ci rende allegri e rilassati ma è bene che non diventi il nostro amico fedele. A tale proposito, dato che può essere per diversi motivi considerato un “medicamento”, ricordiamo sempre che come tutte le medicine va assunto in modo controllato.

a cura della dr.ssa Jessica Barbieri, Biologa Nutrizionista, Consulente IMBIO  Istituto di Medicina Biologica Milano.



October 30, 2012 Newsletter

Le proprietà nutritive del latte sono sempre state associate al concetto di salute e crescita, e il suo consumo è parte di una cultura popolare che si tramanda da generazioni.Si tratta, infatti, di un alimento indispensabile per il bambino in crescita. Per gli adulti il discorso è differente e per valutare gli effetti positivi del suo consumo dobbiamo considerare diversi aspetti. Primo fra tutti, la qualità del prodotto.

La gestione dell’allevamento delle mucche da latte è stata modificata nel tempo, con importanti conseguenze nelle proprietà e nella sicurezza dell’alimento: il latte che beviamo oggi ha una qualità inferiore rispetto a quella di tanti anni fa. Perché il latte sia di massima qualità, le mucche dovrebbero poter pascolare e alimentarsi in erba, libere di muoversi per tutto il giorno. Lo scenario può essere invece molto diverso: le mucche sono mantenute in batterie, con mangimi a base di soia, fieno e alimenti derivati. Non possono muoversi liberamente e passano gran parte del tempo a mangiare biada, sottoposte a stress produttivo con la somministrazione di fattori di crescita che aumentano la produzione di latte, anche di 4 o 5 volte in più rispetto alla normalità.

Il latte prodotto dalle mucche al pascolo sarà quindi più ricco di omega tre, antiossidanti naturali, proteine, calcio e minerali, mentre quello prodotto dalle mucche in batteria conterrà questi fattori nutritivi in quantità ridotta.

Altra importante considerazione riguarda la correlazione tra il consumo di latte e latticini nell’adulto e il rischio di contrarre patologie prostatiche, fino al cancro prostatico. [Torniainen S. et al Lactase persistence, dietary intake of milk, and the risk for prostate cancer in Sweden and Finland, Cancer epidemic, Bio makers e prevention, 2007, 16 (5), pp. 956-61].

Dall’altra parte però esiste anche un ruolo protettivo per il tumore al colon, data la presenza nel latte di una sostanza chiamata lattoferricina che deriva dalla digestione enzimatica della lattoferrina, nota per le proprietà anti cancro e immunostimolanti.

Nella donna, un elevato consumo di latte e latticini favorisce la produzione di cisti ovariche, seno fibromatoso e tumore al seno. Ecco perché le linee Guida della prevenzione anticancro, diffuse dai centri di terapia oncologica, sconsigliano il consumo di latte alle donne che hanno avuto un problema oncologico a seno, utero e ovaie.

Inoltre, Il 55% della popolazione mondiale è intollerante al lattosio, il principale zucchero del latte. Tuttavia, esiste una grande variabilità geografica: nei paesi dell’Europa settentrionale il 60-70% delle persone mantiene Ia funzione dell’enzima che digerisce il lattosio. Man mano che si scende dal nord Europa, invece, l’attività della lattasi si riduce: nella nostra penisola e dintorni, bacino del Mediterraneo, il deficit genetico per la Lattasi è molto frequente.

Come tutte in tutte le situazioni confuse, è importante non adottare concetti estremi e prese di posizione inutili. Forse basta una domanda molto semplice: abbiamo bisogno di grandi quantità di latte e prodotti lattiero caseari?
I bambini sì, è chiaro per tutti. Gli adulti no!

Infine, è importante ricordare che uno screening genetico può aiutarci a individuare le persone che possono trarre beneficio da un’alimentazione a base di prodotti lattiero caseari. La personalizzazione del consiglio nutrizionale, e il buon senso, ancora una volta, prevalgono sulle credenze popolari. Bisogna rivolgersi a uno specialista in nutrizione che possa avvalersi dell’indagine genetica, per meglio consigliare e educare non solo il singolo soggetto ma tutta la famiglia.



June 30, 2012 Newsletter

Con l’avvicinarsi della stagione estiva aumenta la voglia di rimettersi in forma e perdere quei chili di troppo che, a causa di una ridotta attività fisica e di un maggiore introito calorico, abbiamo accumulato durante l’inverno.

Il nostro stato fisico può, infatti, essere paragonato alla risultante di una semplice e banale equazione, che coinvolge le calorie introdotte e quelle utilizzate a scopo energetico. In parole povere, quando le calorie assunte sono di più di quelle consumate (sport, movimento ecc), l’organismo “conserva” questo surplus energetico sotto forma di grasso di deposito, i famosi cuscinetti distribuiti nei vari distretti.

Sembrerebbe, dunque, che per perdere peso sia sufficiente ridurre gli introiti o aumentare i consumi energetici. In teoria, è così. Nella pratica, purtroppo, numerosi fattori possono complicare le cose: il controllo ormonale, le abitudini scorrette, la qualità dei cibi, le intolleranze alimentari e tutta una serie di altre cause.

Altro aspetto, che sicuramente influisce sulla valutazione e sul trattamento del problema, è il non tenere in debita considerazione l’aspetto temporale. Molti pazienti vorrebbero perdere i chili in eccesso nell’arco di pochissimo tempo. Ecco perché, a ogni nuova stagione, proliferano diete miracolistiche, che promettono risultati brillanti in tempi ristrettissimi: giusto uno o due mesi (a volte molto meno….) prima della famosa “prova costume” ormai non più solo appannaggio delle gentili signore, ma anche tra aitanti maschietti.

Tra le tante diete proposte di recente, la più nota – nel bene e nel male – è senz’altro quella ideata dal Dr. Pierre Dukan. Utilizzata dai reali d’Inghilterra e da altri personaggi famosi, sembra non avere lo stesso successo negli ambienti scientifici. Nei miei ambulatori di Fano e Bari, i pazienti mi domandano spesso come funziona questa dieta e se effettivamente può creare dei disturbi.

La parola d’ordine della dieta Dukan è: No carboidrati; Si proteine. All’inizio della dieta si mangiano, infatti, solo proteine, a colazione, pranzo e cena. Teoricamente, in questo modo, si eviterebbero gli accumuli di grasso dovuti all’introito di carboidrati e grassi, e si andrebbe a stimolare l’utilizzo del grasso posseduto a scopi energetici. Molto sommariamente questo è il principio. In realtà, le cose sono un po’ diverse.

La dieta si divide in quattro fasi:

  • La prima, definita di “attacco“, della durata di circa una settimana, prevede durante la giornata l’utilizzo di sole proteine (carne, pesce, formaggi, uova, ecc).
  • La seconda, definita di “crociera“, prevede l’introduzione di vegetali da alternare alle proteine.
  • La terza, definita di “consolidamento“, prevede la reintroduzione di carboidrati, frutta e altri alimenti.
  • La quarta fase è di “stabilizzazione“, che prevede la ripresa delle abitudini regolari. Non ci sono limiti di quantità.

Proviamo a fare l’avvocato del diavolo per analizzare gli eventuali “pro” e “contra”:

PRO:

  • E’ abbastanza rapida.
  • Toglie la fame. Le proteine hanno un potere saziante più elevato degli altri gruppi alimentari.
  • E’ relativamente semplice.

CONTRA:

  • E’ vincolante. Bisogna seguire le diverse fasi attentamente, pena gli annullamenti degli effetti.
  • E’ ripetitiva. Sempre e solo proteine.
  • E’ abbastanza rischiosa. Non è indicata a persone che hanno problemi cardiaci o colesterolo alto.
  • E’ molto povera di fibre: stitichezza e “inaridimento ” dell’intestino, sono sempre in agguato.
  • Quando s’interrompe, si riprende quanto perso (anche con gli interessi).

Tra i vari svantaggi, è bene evidenziare il manifestarsi di forti scompensi nutrizionali, che si manifestano con cali di energia, dovuti soprattutto alla forte mancanza di carboidrati, ma anche di verdure e frutta, importanti per le vitamine. Può favorire l’aumento di colesterolo cattivo (LDL), soprattutto dovuto al forte consumo di carni rosse e uova.

C’è anche un aspetto psicologico dovuto alla forte limitazione d’uso dei vari alimenti. Una dieta, anche se dimagrante, dovrebbe quanto più possibile soddisfare il palato.

Cercando di non essere troppo “tecnico”, è giusto aggiungere qualche concetto sul meccanismo della dieta Dukan. Si tratta di una dieta prevalentemente proteica, che stimola una via metabolica “alternativa” a quella tipica di un’alimentazione mista (carboidrati, lipidi e proteine), e genera come prodotti di scarto delle sostanze chiamate “corpi chetonici” (Acetone, Acetoacetato, Acido Beta-idrossi-Butirrico). A contatto con i bambini piccoli, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito il caratteristico odore del famoso “acetone“, manifestato soprattutto nei casi di alimentazione scorretta. Ebbene, anche con la Dieta Dukan, si ha una grande produzione di corpi chetonici, che (soprattutto il Beta idrossi Butirrico) a livello Ipotalamico (è una particolare regione del cervello, che presiede molte funzioni di controllo), riducono lo stimolo della fame e garantiscono tono ed euforia al paziente. In genere, un metabolismo normale ne produce in minime quantità, che sono smaltite da reni e polmoni.

L’accumulo dei corpi chetonici, detta chetosi, abbassa il ph (misura l’acidità) ematico (del sangue), con conseguente acidosi metabolica (situazione tipica dei diabetici scompensati). Il problema si aggrava se il soggetto pratica un’intensa attività sportiva, che aumenta le richieste di glucosio da parte dell’organismo.

Complessivamente, quindi, la dieta funziona nell’immediato, ma sottopone l’organismo a uno stress continuo e non salutistico. Il gioco non vale la candela; la dieta chetogenica, infatti, anche se efficace, dovrebbe essere sostituita da altri regimi alimentari meno dannosi, soprattutto quando si vuol portare avanti un programma di riduzione del peso più a lungo termine. Un dimagrimento più graduale (in media tre/quattro kg al mese) è il metodo più duraturo e salutare.

Perdere peso è solo la punta di una serie di condizioni alterate, che apparentemente sono abbinate solo all’aumento ponderale, ma in realtà incidono su tutta una serie di aspetti che dovrebbero essere tenuti in considerazione:

  • Inquadramento del paziente
  • Individuazione di eventuali intolleranze alimentari (c’è una stretta correlazione tra aumento di peso e presenza di un’alterata tolleranza verso certi alimenti.)
  • Disintossicazione ed eliminazione di tossine.
  • Programma alimentare molto vario, che prevede l’utilizzo di tutti i gruppi alimentari, ma con una novità: una grossa riduzione dell’utilizzo di carboidrati legati al frumento (vedi pane e pasta), con utilizzo di carboidrati appartenenti a cereali diversi, vedi Miglio, Quinoa, Grano Saraceno, Avena ecc, sempre che non ci siano segnali particolari derivanti dal test sulle intolleranze.

Il tutto sempre supportato da una buona attività fisica (ricordo i grossi benefici sul consumo di grasso derivanti da una semplice passeggiata a passo svelto) e dall’abbondante consumo di acqua durante la giornata. Fondamentale, durante tutti i programmi alimentari, è l’utilizzo di frutta e verdura, per l’apporto di sali minerali e vitamine. Importante, inoltre, non esagerare con i carboidrati: mai la sera, e soprattutto a non elevato Indice Glicemico (I.G.). Quanto più è alto l’indice glicemico (dolci raffinati, pane bianco, zucchero, ecc), tanta più Insulina si metterà in circolo, con l’aumento di peso che ne consegue. (si trovano tabelle con gli indici glicemici dei vari alimenti).

a cura del Dr Francesco Lampugnani, Biologo Nutrizionista, Specialista in Farmacologia



December 30, 2011 Newsletter

La Nutrigenomica è una scienza preventiva per l’organismo umano, in grado di combinare la genetica con la nutrizione. Negli ultimi anni, la ricerca in questo campo, prima ancora della diagnosi clinica, si è spinta nel progetto e nell’elaborazione di test atti a identificare le mutazioni responsabili di alcune delle più comuni e gravi patologie: diabete, ipercolesterolemia, intolleranze alimentari e cancro.
È stata associata a questo tipo di studio una scrupolosa indagine sui benefici che alcune categorie alimentari apportano se introdotte preferenzialmente nella dieta. Alcune delle interazioni tra nutrizione e genetica possono determinare infatti la patogenesi di alcune malattie. I nostri geni sono i garanti del buon funzionamento di tutto l’organismo e lo sono anche del nostro adattamento all’ambiente (epigenetica).

Noi siamo il risultato dell’interazione fra i Geni e l’ambiente, inteso come tutto ciò che ci circonda (luogo, stile di vita…).

In alcuni individui l’attività di alcuni geni è alterata e di conseguenza le proteine prodotte possono essere modificate al punto da non svolgere il compito designato. La conseguenza è quella di avere dei “lavoratori” che svolgono il proprio compito in maniera impropria predisponendo lo sviluppo di alcune malattie.

Una corretta e mirata nutrizione unita alla diversità genotipica di ciascun individuo ha chiarito non solo le linee guida per la prevenzione di un vasto numero di patologie, ma ha anche permesso lo sviluppo di nuove terapie sperimentali, coadiuvanti la cura e il miglioramento di malattie complesse come quelle metaboliche, neurodegenerative, neoplastiche e da stress ossidativo.

Il test genetico Gene and Diet, è stato messo a punto per la ricerca delle seguenti predisposizioni: diabete tipo due, predisposizione all’intolleranza agli zuccheri e sindrome metabolica, obesità e sovrappeso, aterosclerosi, ridotta capacità disintossicante dell’organismo, artrosi, osteoporosi, predisposizione alle malattie infiammatorie, intolleranza al lattosio e alla celiachia, sensibilità allo zucchero, alcol, sale, metabolismo dei grassi.

L’alimentazione ha un ruolo ben più importante di quanto si possa immaginare. Individuare i geni alterati permette, grazie alla nutriterapia, di determinare metodi preventivi legati all’alimentazione e fornisce la possibilità di curarsi con gli alimenti. La refertazione evidenzierà, infatti, la serie di Polimorfismi Genetici presenti dell’individuo. Inoltre, per ogni assetto genomico indagato, evidenzierà particolari suscettibilità a tali malattie multifattoriali suggerendo controlli, stili di vita e di alimentazione in grado di modificare il rischio identificato.

Come ultima analisi, saranno indicati i possibili interventi attuabili tramite specifici prodotti, individuati in seguito all’analisi genetica, che suggerirà ciò di cui i nostri geni hanno realmente bisogno. Questa analisi Genetica Personalizzata, denominata brush test, si effettuata prelevando le cellule di sfaldamento della mucosa orale attraverso uno speciale spazzolino. È possibile eseguire il brush test a qualsiasi età, una sola volta nella vita.



December 30, 2011 Newsletter

Uno degli argomenti sempre più seguiti e discussi è quello del nostro benessere e della nostra salute. Non esiste programma o rivista, specializzata e non, che non dedichi ampi spazi al ruolo che un determinato stile di vita svolge sul nostro benessere e sulla nostra salute.

L’argomento è molto vasto, ma tutto sommato riconducibile a pochi e fondamentali fattori che determinano il nostro stato psicofisico: alimentazione, attività fisica e stile di vita. A sua volta, un comune denominatore di questi tre pilastri del nostro stato di salute è rappresentato dai “Radicali Liberi”e di conseguenza, lo Stress Ossidativo a questi legato.

Cercheremo di inquadrare la problematica considerando situazioni comuni ai tre punti, fermo restando che ognuno meriterebbe di essere analizzato nel dettaglio, evidenziando gli atteggiamenti e le situazioni che possono contribuire al mantenimento di uno stato di salute e benessere ottimali.
E inoltre opportuno considerare un’altra condizione molto attuale, che può amplificare l’attività dei Radicali Liberi causando nella persona interessata una situazione di sofferenza, che spesso si manifesta in maniera subdola, con sintomi diversi e strettamente individuali. Mi riferisco alle Intolleranze Alimentari, che possono essere diagnosticate solo attraverso l’effettuazione di un modernissimo test.

A questo punto, dato per certo il ruolo negativo, oltre certi livelli, dei Radicali Liberi, cerchiamo di capire come possiamo conoscerli meglio, prevenirne gli eccessi, combatterli e in ultima analisi, convivere con questi vivaci “Guerrieri”.

Per definizione, i Radicali Liberi sono molecole o frammenti di molecole derivate dall’Ossigeno Molecolare, caratterizzate dalla presenza di uno o più elettroni spaiati negli orbitali esterni. In pratica, sottraggono elettroni ad altre molecole bersaglio per completare il loro ottetto (condizione stabile di elettroni; condizioni non di ottetto sono instabili).

Le molecole bersaglio possono essere: a) Acidi Nucleici; b) Proteine; c) Membrane Biologiche.
Il risultato di tutte queste aggressioni rappresenta lo “Stress Ossidativo”.

I Radicali Liberi sono prodotti di scarto che si formano naturalmente all’interno delle cellule del nostro corpo quando l’ossigeno è utilizzato nei processi metabolici per produrre energia (ossidazione). Se sono in quantità minima, aiutano il Sistema Immunitario nell’eliminazione dei germi mediante perossidazione lipidica (denaturazione membrane batteriche); mediante un’azione mutagena sul DNA; mediante ossidazione dei Citocromi (arresto respirazione mitocondriale). Se non sono prontamente neutralizzati dai sistemi Antiossidanti, danneggiano i tessuti e le cellule circostanti interrompendo i processi cellulari vitali.

Per comprendere più facilmente gli equilibri che esistono tra gli stati di ossidazione e di riduzione (acquisizione o cessione di elettroni) è utile evidenziare che tutte le forme di vita mantengono un ambiente “riducente” entro le proprie cellule. L’ambiente cellulare “Redox” è preservato da enzimi che mantengono lo stato ridotto attraverso un costante input di energia metabolica.
Eventuali disturbi in questo normale stato redox possono avere effetti tossici in seguito alla produzione di Perossidi e Radicali Liberi, che danneggiano tutti i componenti della cellula, incluse: proteine, lipidi, DNA. Come precedentemente accennato, in quantità ridotte, i Radicali Liberi contribuiscono ad aumentare le nostre difese verso infezioni e altre situazioni a rischio. L’eccesso di Radicali Liberi conduce, invece, a una serie di alterazioni e patologie: fibroplasia retrolenticolare, aterosclerosi, ipertensione arteriosa, morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer, diabete mellito, colite, artrite reumatoide, invecchiamento.

È giusto ricordare, inoltre, che anche l’attività fisica, sempre più apprezzata e fondamentale per il nostro benessere, può causare, in certe situazioni, la produzione di Radicali Liberi. L’attività fisica comporta, infatti, uno sbilanciamento temporaneo tra la produzione di Radicali Liberi e il loro smaltimento. Questo fenomeno identifica lo “Stress Ossidativo”. La pratica sportiva continua induce nel nostro organismo un aumento delle difese endogene contro questo tipo di Stress, diminuendone quindi i danni. Esistono 2 siti di produzione: a) quello classico a livello della catena di trasporto degli elettroni, cioè all’interno del mitocondrio; in altre parole, maggiore è il consumo di ossigeno della cellula, maggiore sarà la produzione dei Radicali liberi. b) produzione anaerobica, avviene in altri compartimenti cellulari, in assenza di ossigeno, a causa di enzimi (Xantina Ossidasi, NADPH Ossidasi) o altre sostanze presenti in alcuni compartimenti (Calcio, Ferro). Questo è uno dei motivi che conferma quanto si ripete ormai da tempo: un’attività fisica non costante e molto saltuaria crea più danni che benefici.

A questo punto, vediamo i fattori che influenzano l’iperproduzione di Radicali Liberi:
1) Fumo;
2) Alcool;
3) Diete sbilanciate;
4) Esercizio fisico intenso;
5) Raggi solari;
6) Inquinamento.

I rimedi per almeno 5 di questi punti sono essenzialmente ablativi, nel senso che è sufficiente eliminarli dalle nostre abitudini per risolvere i problemi a essi correlati (vedi fumo, alcool, inquinamento ecc). Nel caso delle diete sbilanciate e dell’alimentazione in generale possiamo invece intervenire in maniera abbastanza significativa. Diete troppo ricche di grassi animali, fritture, alcool, ma povere di frutta e verdura, sono implicate molto da vicino sull’abnorme produzione di Radicali e sull’insorgenza di altre importanti patologie quali diabete, sindrome metabolica, e aterosclerosi.

Per lo smaltimento dei Radicali Liberi abbiamo a disposizione due meccanismi:
1) Endogeni
– Sistemi Enzimatici: Superossidodismutasi; Catalasi; Glutatione Perossidasi; Desaturasi;
Acido Lipoico
– Molecole Chelanti i metalli; Albumina; Ferritina; Transferrina; Ceruloplasmina.

2) Esogeni
Dieta e Grassi.

Tra i fattori esogeni, frutta e verdura costituiscono un completo laboratorio chimico che mette a disposizione numerosi composti, utilissimi ai nostri scopi. Possiamo fare una grande distinzione e suddivisione raggruppando queste sostanze in funzione dei colori degli alimenti da cui provengono:

  • GRUPPO del BIANCO: Aglio, Castagne, Mele, Pere ecc. Possiedono un’importante azione detossificante.
  • GRUPPO del BLU-VIOLA: Melanzane, Radicchio, Mirtilli ecc. Importantissimi per la vista e i capillari.
  • GRUPPO del GIALLO-ARANCIO: Carote, Peperoni, Zucca,Arance, ecc. Molto utili per la pelle e la sua protezione dai raggi solari nocivi.
  • GRUPPO del VERDE: Asparagi, Bietole, Basilico, Broccoli, Carciofi, ecc. Fondamentali per importanti funzioni vitali.
  • GRUPPO del ROSSO: Barbabietole rosse, Pomodori, Arance Rosse ecc. Grazie alla presenza di Licopene e Antocianine, sono i più potenti agenti Antiossidanti contro l’eccesso di Radicali Liberi.

Alla luce di quanto esposto, i Radicali Liberi sono, in determinate situazioni fisiologiche, un prezioso aiuto per l’omeostasi del nostro organismo. Il problema scatta nei momenti in cui vengono stravolti determinati equilibri, e quelli che erano i potenziali benefici si trasformano in pericolose aggressioni. La gestione di tali equilibri dipende molto anche da noi.

Un’alimentazione sbagliata ed esagerata, eccessive esposizioni al sole, fumo di sigaretta, smog e inquinamento, scarsa assunzione di antiossidanti naturali contenuti in frutta, verdura e oli vegetali, possono portare a subire le conseguenze negative dovute a un eccesso di Radicali Liberi. Giusta attività fisica, eliminazione di eventi aggressivi e assunzione di antiossidanti naturali o con integrazione extra, rappresentano la giusta contromisura per l’insorgenza dei danni legati all’eccessiva azione dei Radicali Liberi.

Per concludere, è importante sottolineare l’importanza che riveste la diagnosi della presenza di Intolleranze Alimentari, con test specifici sul sangue. Anche per i Radicali Liberi esiste la possibilità di indagare in qualsiasi momento sia sull’entità di aggressione di Radicali Liberi sia sulla capacità difensiva che in quel momento si mette in atto. In questo modo, in caso di scarsa capacità difensiva, è possibile instaurare un’opportuna terapia antiossidante ed evitare i potenziali danni legati a un’eccessiva attività radicalica.

a cura del dr. Francesco Lampugnani – Biologo Nutrizionista Specialista in Farmacologia



October 30, 2011 Newsletter

La ricerca di base, i trattamenti integrati, la farmacogenomica e la nutrizione in oncologia saranno al centro di questo importante Evento Scientifico che, nell’intento di sviluppare ed estendere le conoscenza delle tematiche di integrazione in oncologia, vedrà confrontarsi numerosi e qualificati professionisti provenienti da tutto il mondo.

In particolare, il prof. Giuseppe Di Fede approfondirà la tematica della nutrizione e degli esami specialistici di nutrigenomica valutandone l’efficacia come strumento di prevenzione e di terapia oncologica, mentre il dott. Cescato parlerà dell’impiego della farmacogenomica nella personalizzazione del trattamento oncologico.

LA NUTRIGENOMICA IN AIUTO ALLA TERAPIA ONCOLOGICA

La neoplasia è una malattia complessa e multifattoriale che non sempre la terapia medica (chemioterapia), la chirurgia, e la radioterapia riescono a curare o a bloccarne la progressione. Sebbene l’integrazione con sostanze naturali e fito-terapiche possa costituire un valido aiuto è importante non sottovalutare uno dei fattori più importanti: la nutrizione.

Tutto quello che mangiamo ci nutre e porta alla crescita del nostro corpo. Perché non dovrebbe essere in grado di far crescere e modificare la neoplasia?

Nell’ultimo decennio si sono moltiplicati gli studi e le ricerche nel campo della genetica e della nutrigenomica, scienza multidisciplinare imperniata sulla prevenzione e sulla diagnosi genetica combinate insieme. La nutrigenomica ha aperto una nuova frontiera e ha creato un nuovo approccio scientifico, che costituisce un importante passo verso il benessere e il mantenimento dello stato di salute.

Una volta note le caratteristiche genetiche del soggetto – attraverso l’elaborazione di test genetici – è infatti possibile programmare un piano di terapie preventive, ma anche mettere in atto un’attenta indagine sui benefici apportati da alcune categorie di alimenti. Ciò consente di elaborare un piano nutrizionale che, abbinato a una giusta dose di minerali, vitamine ed anti-ossidanti con un basso apporto calorico e proteico può essere un valido aiuto per contrastare l’insorgenza di malattie croniche e temibili come il cancro.

FARMACOGENOMICA: LA VERA SFIDA PER LA PERSONALIZZAZIONE DEL TRATTAMENTO

La biologia molecolare ha un ruolo sempre più importante nell’approccio al paziente: utile nella diagnosi precoce, sempre più importante nella classificazione delle malattie, usata nella definizione del protocollo terapeutico migliore e infine capace di dare indicazioni sulla prognosi del paziente.
La patologia molecolare diventa nodo centrale della personalizzazione della diagnosi, della terapia e della prognosi. Esistono oggi test utili per identificare il rischio di alcune malattie come le neoplasie familiari della mammella e test capaci di fornire informazioni sui potenziali effetti collaterali della chemioterapia e sulla sua efficacia terapeutica.

La genetica applicata ad esami routinari come la citologia urinaria consente una maggiore precisione diagnostica aumentandone sia la sensibilità sia la specificità.



September 30, 2010 Newsletter

È opinione comune ritenere che la cellulite sia eminentemente un inestetismo (peraltro molto diffuso, visto che fa soffrire circa l’80 per cento delle donne), quando in verità si tratta di una vera e propria patologia, nella fattispecie del tessuto adiposo, definita pannicolopatia edemato-fibrosclerotica.

Come ben sa chi mal la sopporta, essa si concentra prevalentemente all’esterno delle cosce (nella zona laterale del bacino), all’interno delle stesse e sui glutei, interessando il “pannicolo adiposo” che si trova fra il derma (lo strato di tessuto connettivo giusto sotto l’epidermide) e la parte muscolare. Il pannicolo ha una sua impalcatura di sostegno (il tessuto reticolare e il collagene) e una vascolarizzazione (denominata microcircolo) attraverso la quale il tessuto adiposo fornisce l’energia all’organismo o l’accumula sotto forma di grasso.

Per motivi diversi – stress, stipsi, fattori ereditari, fumo, sedentarietà, abuso di medicinali (pillola anticoncezionale), cause ormonali (per esempio un cattivo funzionamento della ghiandola tiroidea, o ipotiroidismo), disturbi del ciclo mestruale (come si verificano nella Sindrome dell’ovaio micropolicistico), ma soprattutto cattiva alimentazione –, la circolazione venosa e linfatica (vasi che trasportano scorie) può rallentare e dai capillari possono uscire sostanze che invece dovrebbero essere eliminate. Parte così il meccanismo iniziale di accumulo di liquidi (edema), che s’infiltra fra le cellule del pannicolo adiposo. Queste si allargano, peggiorando lo stato edematoso e nel contempo il tessuto di sostegno (collagene e fibre reticolari) reagisce cercando d’impedire che le cellule adipose si allontanino, ma causando così la produzione di capsule che impediscono a loro volta gli scambi ematici fra la “cellulite” e il resto dell’organismo.

I processi esposti possono essere distinti in 4 fasi che evolvono per grado di gravità. I primi due stadi possono essere rallentati o addirittura bloccati con l’attività fisica (e la corsa in particolare); nel terzo e quarto la consistente struttura fibrosa dei noduli rende tutto molto difficile. La corsa, quindi, è certamente da proporre come prevenzione e cura per i primi 2-3 stadi, insieme ad alcune semplice regole di alimentazione e qualche stratagemma nutri-cosmeceutico per sconfiggere o tenere sotto controllo la cellulite.


Gli stadi della cellulite
La cellulite viene suddivisa in quattro stadi, o gradi, in base alla gravità dei sintomi
con i quali si manifesta e alla loro difficoltà di trattamento.

1 Cellulite edematosa È caratterizzata dalla presenza di gonfiore, ma la cute è ancora tesa  ed elastica e, se compressa, non resta segno né si avverte dolore.

2 Cellulite fibrosa La pelle, se compressa, ancora non duole ma, seppur ancora liscia, comincia ad assumere un colorito spento e si presenta “a buccia d’arancia” se viene stretta fra le dita. C’è formazione di tessuto fibrotico e la cattiva circolazione sanguigna può causare formicolii, pesantezza alle gambe, crampi.

3-4 Cellulite sclerotica Il tessuto connettivo s’indurisce ulteriormente e si formano i primi macronoduli che conferiscono alla pelle l’aspetto a buccia d’arancia “a vista”. Nel quarto stadio le zone cellulitiche si presentano isolate dal tessuto circostante. I macronoduli danno origine ad avvallamenti e protuberanze; la cute è dura e dolorante alla palpazione.
È la più difficile da trattare.


CORRI (FORTE) CHE TI PASSA
In verità il running non è, e non può essere, del tutto risolutivo. Un programma di attività deve prevedere almeno 3-4 sedute di allenamento divise in 3 sedute di corsa e una di tonificazione generale, ma soprattutto delle zone interessate alla cellulite. La corsa dev’essere affrontata secondo tabelle che prevedano la possibilità di migliorare le proprie caratteristiche fisico-organiche progressivamente e secondo le proprie caratteristiche e predisposizioni.

Vanno sfatati alcuni miti: camminare invece di correre (vale solo nei casi di situazioni gravi, dove il carico sulle articolazioni è importante), oppure allenarsi sotto la soglia lattacida: si dimentica che l’acido lattico è un potentissimo vasodilatatore e stimola la produzione di mitocondri nella supercompensazione fisiologica. A torto si potrebbe pensare che la vasodilatazione da acido lattico potrebbe peggiorare la perdita di materiale vasale, perché nella prevenzione – e anche negli stadi 1 e 2 della cellulite – l’azione tonico-trofica della corsa sul circolo ematico è di gran lunga maggiore.
Una limitazione nella produzione di acido lattico potrebbe valere nei primi momenti d’allenamento per soggetti con stadio 3 di cellulite.

Quindi: progressione nell’allenamento e, nelle uscite, lasciare almeno un allenamento con corsa variata. L’allenamento di tonificazione dovrà interessare in maggior misura le parti interessate dalla cellulite, quindi con esercizi di adduzione (per i muscoli interni della coscia: 10 minuti) e abduzione (per glutei e laterali della coscia: 10 minuti), per il bicipite il femorale (posteriore della coscia: 10 minuti), per il quadricipite (10 minuti) e alla pressa (15 minuti). Meglio sarebbe utilizzare il circuit training, intervallando gli esercizi a con 10 minuti di cyclette, corsa leggera, step.

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LA COSMETICA CHE AIUTA
Utilizzo d’integratori alimentari e interventi più prettamente cosmetici possono sovrapporsi e migliorare i risultati che si possono ottenere con la corsa e l’alimentazione (vedi Occhio a ciò che mangi nel box sotto). Certamente la possibilità d’intervenire in modo coordinato in-out consente di ottenere risultati apprezzabili nella lotta contro l’inestetismo in questione, ma non bisogna dimenticare che la cellulite è anche pelle a buccia d’arancia, colore dell’incarnato, pelle asfittica, condizioni che possono migliorare molto anche con interventi cosmetici. La maggior parte degli attivatori metabolici che stimolano la lipolisi si trovano in integratori alimentari: guaranà, arancio amaro, mate, caffeina e tè verde possono attivare preventivamente l’attività lipolitica rispetto alla corsa e quindi si possono ottenere risultati sinergici.

Un effetto simile si può ottenere anche con l’applicazione topica di una crema anticellulite prima di correre. Integratori ad uso sistemico possono contenere principi fitoterapici ad azione diuretica come l’orthosiphon stamineus, che per la presenza di sinenstesina determina un effetto drenante e andiedematoso, o altri estratti come la centella asiatica e l’ippocastano che producono benefici effetti sulla tonicità dei vasi sanguigni. Da evitare l’uso d’integratori a base di fucus vesciculosus, soprattutto in soggetti a rischio d’infiammazioni tiroidee: anche una tiroide “normale” può andare incontro, “caricandola” eccessivamente di iodio, a fenomeni di flogosi cronica.

In sostanza una corretta alimentazione, integrata quando ce ne sia la necessità da una ragionata supplementazione e unita a un corretto programma di corsa, magari anche questo integrato da qualche seduta con i pesi in palestra, potranno aiutare le donne, in maniera ragionevole e soprattutto a basso costo, a prevenire e, nei primi stadi, anche a curare il più diffuso inestetismo che le colpisce.
(Ha collaborato il dottor Carmine Orlandi)

da http://www.runnersworld.it – settembre 2010
di FULVIO MARZATICO



February 1, 2008 Newsletter

Le infezioni delle vie seminali maschili (prossimali. orchiepididimiti e distali: prostatovescicoliti e uretriti) sono universalmente considerate una frequente causa d’infertilità (Weidner et al., 1999, WHO, 2000).

Sintomatologia. Diagnosi
Il riscontro di infezioni acute è rarissimo nella popolazione maschile che si rivolge a un medico per l’infertilità. La maggior parte sono soggetti asintomatici, paucisintomatici o addiritura con sintomatologia fuorviante di tipo gastro-intestinale (coliti, stitichezza, flatulenza, intolleranze alimentari ecc.).
L’esame obiettivo offre, a volte, poche informazioni: una leggera sensibilità epididimaria, testicoli con consistenza diminuita, epididimi con noduli fibrotici, minima secrezione uretrale, l’esplorazione rettale di solito negativa.
Essenziale per la diagnosi si è dimostrato l’esame ecografico (US) associato al colordoppler che mette in evidenza immagini caratteristiche sia per le infezioni acute che per quelle croniche a livello epididimo-testicolare e prostato-vescicolare.
Le indagini microbilogiche (Test di Stamey, EPS, TU con varie ricerche, spermiocoltura con Mycoplasmi e Chlamydie, urinocoltura, ecc) sono assoluttamente necessarie in quanto completano il quadro diagnostico e permettono la terapia mirata.

Fisiopatologia
Le infezioni agiscono sulla qualità spermatica a vari livelli:

  • distruzione degli spermatozoi da parte delle tossine prodotte da vari germi

  • modificazione del pH dei tubuli seminiferi con danno spermatogenetico

  • distruzione degli spermatozoi da parte dei leucociti (fagocitosi)

  • l’influenza delle varie citochine coinvolte nella flogosi sulla capacitazione spermatozoaria

  • lo STRESS OSSIDATIVO:
    . i radicali liberi dell’ossigeno (ROS) liberati dai leucociti determinano la perossidazione dei lipidi della membrana spermatozoaria con modificazioni della fluidità di membrana e effetti negativi sugli interscambi intra/extracellulari, ridotta motilità e alterata morfologia
    . gli stessi ROS possono danneggiare il DNA dello spermatozoo con conseguente danno
    genetico (mutazioni e anomalie cromosomiche)
    . i ROS possono modificare l’acrosoma spermatozoario con conseguente
    reazione acrosomiale alterata e quindi ridotta capacità fecondante

  • le fibrocalcificazioni postflogistiche possono determinare ostruzioni o subostruzioni delle vie seminali (prossimali o distali) con azoospermie secodarie

Uno squilibrio del rapporto ROS/TAC (incrementata produzione di ROS, o scarsa presenza di fattori TAC) è in grado di danneggiare lo spermatozoo.
La TAC rappresenta la capacità antiossidante globale dovuta ai fattori scanvenger es: acido ascorbico, glutatione perossidasi, policosanoli, selenio, ecc)

Eziologia
Dall’analisi dei dati si è evidenziata una chiara prevalenza di microorganismi Gram-positivi quali responsabili delle infezioni genitourinarie, con massima frequenza per gli Enterococchi. Tra i germi Gram-negativi l’Escherichia coli si presenta con una percentuale superiore al 10%. Apparte E.coli le infezioni da Gram negativi possono essere sostenute anche da altre Enterobacteriaceae come come Enterobacter, Proteus, Morganella.
I Gram-negativi, in particolare E.Coli determinano di solito le prostatiti acute, mentre gli agenti etiologici delle forme asintomatiche o paucisintomatiche sono gli Enterococchi, i Micoplasmi (Ureaplasma Urealyticum e Mycoplasma hominis) e Chlamydia Trachomatis
Sia gli Enterococchi che le Enterobacteriacae ( v.Escherichia coli, Proteus, ecc) sono germi di origine intestinale (enteron = intestino) che possono arrivare dall’ampolla rettale situata posteriormente alla prostata in stretto rapporto anatomico per osmosi, via linfatica e, a volte, anche attraverso il circolo sanguigno, in seguito di episodi batteriemici.
Anteriormente si trova la vescica urinaria che molto spesso può essere sede di varie infezioni.
Apparte le classiche vie ascendenti e discendenti di contaggio delle vie uroseminali dobbiamo prendere in considerazione quindi anche le infezioni di origine intestinale e vescicale.

Di fronte a ogni prostato-vescicolite il clinico deve escludere una patologia intestinale infiammatoria e viceversa, visto che le infezioni croniche sono di solito silenti, ogni paziente con problemi intestinali va indagato sul versante urogenitale!
A volte, trattare la colite può risolvere una prostatite non responsiva a vari cicli di antibioticoterapia.

Al contrario di quanto si pensa, sono i pazienti giovanni la fascia più a rischio per vari motivi:
sono sessulmente molto più attivi e quindi soggetti anche a infezioni con trasmissione sessuale,
hanno uno stile di vita meno equilibrato e devono preservare ancora la loro fertilità in previsione di una futura paternità.

Terapia
Alla terapia antibiotica, antiossidante e probiotica si devono aggiungere una dieta rigorosa e tutte le terapie finalizzate a un funzionamento intestinale ottimale.

“In considerazione dei benefici dimostrati sulla funzione riproduttiva, la terapia antiossidante deve occupare un ruolo primario nelle strategie di trattamento della infertilità maschile” Tarin JJ, Human Reproduction, 1998

Autore:
dott.sa Cornelia Sparios
Medico Chirurgo Andrologo



May 1, 2007 Newsletter

Applicazioni cliniche in oncologia medica – Intervista al dott. Giuseppe Di Fede, autore di un’opera a carattere scientifico – di Anna Carbone

Un’opera, quella scritta dal dott. Di Fede, dalla quale traspare l’impegno appassionato e mirato dell’autore nella ricerca delle terapie biologiche più avanzate per patologie oncologiche oggi tristemente molto diffuse. E dall’indagine approfondita di questo studioso delle tematiche di tipo medico-biofisico è nata una speranza per la vita: l’ipertermia a radiofrequenza in patologie oncologiche, abbinando l’immunoterapia, le terapie biologiche antidegenerative e la chemioterapia per affrontare un male che difficilmente perdona.

L’intervista al dott. Di Fede si pone l’obiettivo di approfondire le nostre conoscenze sugli aspetti terapeutici dell’ipertermia in campo oncologico per poterne rendere partecipi anche i nostri lettori sensibili alle tematiche in oggetto. Pertanto, domande mirate e risposte assolutamente chiare e soddisfacenti.

Cos’è l’ipertermia

Come si può evincere dall’etimologia del termine (iper=aumento; termo=calore), è una tecnica basata sull’aumento della temperatura dei sistemi biologici intorno ai 42-43°C, ovvero oltre i limiti fisiologici, inoculando sostanze piretogene.

Per chi e perché l’ipertermia

Questo trattamento giova sia a chi è sottoposto a radioterapia sia a chi invece segue un trattamento chemioterapico. Anzi, associando le due terapie mediante ipertermia se ne aumenta l’efficacia. In sintesi, si sommano gli effetti terapeutici, con notevole beneficio per il problema oncologico. Questo perché l’associazione di entrambe le terapie consente un miglior metabolismo (utilizzo) del farmaco chemioterapico all’interno delle cellule tumorali, penetrando profondamente (fino a 14 cm) al loro interno.

Come viene pratico il trattamento ipertermico?

Si utilizzano apparecchiature speciali, che emettono una radiofrequenza di 13,5 Mhz, che ha la capacità (come già detto) di penetrare nei tessuti fino a 14 cm di profondità, innescando un innalzamento della temperatura locale attraverso la cinetica delle cellule. Si attiva così nelle cellule cancerose un meccanismo antitumorale che, tuttavia, non intacca quelle sane. Le cellule neoplastiche, con il calore, “si suicidano” (si verifica cioè la cosiddetta apoptosi): si tratta di un meccanismo di suicidio “programmato”.

Quali gli strumenti usati per l’ipertermia?

Si utilizzano due piastre (antenne), che circondano la massa tumorale, all’interno della quale si crea l’effetto terapeutico.

I benefici?

L’ipertermia aumenta la risposta alla chemio, in quanto la terapia oncologica associata è più efficace. Tuttavia, anche utilizzata da sola, l’ipertermia ha un’efficacia ottimale.

Quali le probabilità di guarigione?

Sono rapportate, naturalmente, soprattutto ad una diagnosi precoce e, poi, all’utilizzo di entrambe le metodiche mediche (chemioterapia e ipertermia). Nei casi più gravi, la terapia ipertermica rallenta la progressione della malattia, che talvolta arriva alla stabilità, ovvero alla cronicizzazione, con sopravvivenza più prolungata del soggetto malato.

Concludiamo questa interessante intervista al dott. Giuseppe Di Fede estraendo dalla sua opera poche righe significative: “La ricerca in campo immuno-biochimico-oncologico ha evidenziato che colture cellulari tumorali sono sensibili al calore e, man mano che la temperatura sale, aumenta la sensibilità delle cellule neoplastiche al calore e, di conseguenza, la loro mortalità”.



July 1, 2006 Newsletter

Le alghe sono organismi simili alle piante, fotosintetici ed acquatici ma privi di vere radici, gambi, foglie e con strutture riproduttive semplici.Sono nel mare, in acque dolci ed in zone umide del terreno.
Moltissimi sono i principi attivi contenuti nelle alghe che hanno effetti benefici sul nostro corpo e già nell’antichità venivano consumate come ingrediente principale in cucina.
Le alghe hanno proprietà notevoli, zero calorie e contribuiscono a disintossicare l’organismo da sostanze nocive. Sono inoltre ricchissime di vitamine, oligoelementi e sali minerali, tendono ad abbassare il colesterolo, agiscono da antiossidanti e intervengono sul metabolismo.

L’elevato contenuto di iodio, rende le alghe molto utili dove sia richiesta una terapia iodica.
Possono essere consigliate per l’osteoporosi grazie all’elevata ricchezza di calcio.
Altro componente importante è l’acido alginico, famoso per la capacità di difendere l’organismo dai metalli pesanti e dagli ioni radioattivi presenti nell’ambiente o negli alimenti attraverso la formazione di chelanti che vengono espulsi dall’organismo attraverso le feci.

Proprietà molto importante è la presenza di clorofilla, sostanza simile chimicamente all’emoglobina umana e quindi utile per le anemie.

Le alghe sono molto preziose per il benessere del nostro organismo; sperimentate in casi di candida albicantis e stati infiammatori in genere hanno dato ottimi risultati in quanto forniscono importanti elementi minerali utili alle cellule.
L’azienda che le produce garantisce, cosa essenziale e molto importante, la loro coltivazione in ambienti ecologicamente naturali e senza il rischio di nessun tipo di inquinamento.

La linea alghe cocktail contiene:

  • Alga laminaria e alga carragheen (Chondrum crispus) che ha importanti proprietà espettoranti e mantiene pulito il colon.

  • Sambuco in bacche, diuretico, antinfiammatorio e lassativo.

  • Mirtillo nero ottimo per la regolarizzazione della permeabilità dei vasi sanguigni.

  • Rosa canina ipoglicemizzante e antinfiammatorio.

  • Finocchio per dispepsia,spasmi gastrointestinali e meteorismo.

Il gusto è piacevole e si consiglia di berlo fresco al mattino a digiuno.

La linea alghe patè contiene:

  • alga lamour, topinambur (che non contenendo amido è naturalmente assorbito),

  • spinacio,

  • radicchio rosso (ottimo depurativo),

  • alloro (diuretico e antispastico),

  • cumino

  • zenzero (ottimo digestivo e ipocolesterolemizzante).

Si consiglia l’uso su crostini come spezzafame.

L’uso quotidiano di questi preparati,ottimizza le funzioni metaboliche dell’organismo umano traendo gli elementi chiave che attivano le funzioni biologiche; svolgono una funzione di drenaggio delle sostanze che tendono ad accumularsi e riattivano un metabolismo pigro ed appesantito da una alimentazione non sempre adeguata allo stile di vita.

Questo efficace prodotto lo si può trovare presso il nostro Istituto


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