Interferenti endocrini e funzione tiroidea
Sono un gruppo eterogeneo di sostanze in grado di alterare il funzionamento del sistema endocrino con meccanismi diversi (recettoriali, metabolici ecc.). I principali bersagli dei loro effetti sono l’omeostasi degli steroidi sessuali e della tiroide, dunque la salute riproduttiva e lo sviluppo.
Quali sono i principali Ie e quali sono le fonti di assunzione per l’uomo?
Molte sostanze di origine antropica sono Ie: composti alogenati che si bioaccumulano e interferiscono con gli steroidi sessuali, come le diossine, che hanno un effetto antiestrogeno e i policlorobifenili (PCB). Poi ancora diversi pesticidi e biocidi (per esempio etilene-bisditiocarbammati) e composti industriali (come ritardanti di fiamma polibromurati) che hanno un’azione tireostatica.
Sono Ie anche alcune sostanze naturali: lo zearalenone, una micotossina contaminante dei cereali, ha un’azione estrogenica simile. Lascia ancora dei dubbi l’esposizione a dosi elevate di fitoestrogeni come isoflavoni e lignani, durante la gravidanza o la prima infanzia: sono infatti deboli agonisti del recettore estrogeno beta e sono presenti anche nella soia, ingrediente base di integratori e latti artificiali.
Una delle fonti di esposizione per l’uomo sono le matrici alimentari, soprattutto se ricche di grassi (per es., certi tipi di pesci), dove i vari Interferenti Endocrini (IE) si possono accumulare.
Quali sono le categorie più a rischio e quali sono le patologie associate?
La gravidanza e l’infanzia sono le fasi più a rischio, anche se spesso gli effetti si manifestano a lungo termine, e possono variare con il sesso e l’età in cui è avvenuta l’esposizione. Il WHO segnala che l’esposizione può aumentare il rischio di patologie riproduttive, disturbi comportamentali nell’infanzia, fino a diabete e alcuni tipi di cancro (testicolo, mammella).
Va poi considerato che dosi molto basse di diversi IE con la stessa azione, possono sommare i loro effetti fino ad indurre un effetto tossico significativo.
Quali sono i comportamenti corretti per ridurre il rischio?
Secondo il Decalogo per i cittadini sugli IE pubblicato dall’ISS e dal Ministero Ambiente è opportuno minimizzare l’esposizione alle fonti: usare contenitori in plastica o stoviglie integri, secondo le modalità previste dal produttore; limitare il consumo di alimenti che possono accumulare IE e il contatto dei cibi con carta oleata o pellicole. Inoltre bisogna fare attenzioni ai metodi di cottura (eliminare parti carbonizzate che contengono idrocarburi policiclici aromatici); limitare il consumo di cibi affumicati ed evitare il ristagno dei fumi in cucina e della polvere negli ambienti chiusi; per i bambini, variare la dieta e assicurare un apporto adeguato di vitamine e microelementi con effetto protettivo.
Aggiungiamo che un controllo sul qualità della composizione corporea, eseguendo un test sui capelli, mineralogramma, ci indicherà la percentuale di minerali presenti nei tessuti, la possibilità di riscontro di metallo pesanti potenzialmente tossici.
Un controllo sulla qualità della flora batterica dell’intestino, ci orienterà sul grado di Disbiosi intestinale, e sulla possibilità di correggere l’alimentazione.
Il test su possibili intolleranze alimentari ( ALCAT Test) segnalerà le possibili incompatibilità di alcuni alimenti indirizzando il nutrizionista specialista sul tipo di dieta da seguire per evitare infiammazioni e possibili malattie derivanti da contaminati alimentari. Il test ALCAT analizza anche intolleranze a sostanze chimiche presenti negli alimenti oltre che a conservanti e additivi alimentari.
Valutazione e integrazione sono alla base dei percorsi di prevenzione individuale e personalizzata.